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Un decalogo per la sicurezza nella ristorazione: una proposta per garantire clienti e dipendenti

“A Torino come a Napoli – spiega Schettino – riscontriamo nei nostri clienti l’ansia da seconda ondata, che rischia di trascinare tutti noi ristoratori in una spirale di negatività pericolosa: il tutto si aggrava a causa di fake news sulla presunta chiusura di ristoranti, tra cui una girata sui social che riportava erroneamente i nomi di oltre 150 attività”.

Quindi, meglio correre ai ripari prima di sentirsi obbligati ad una chiusura improvvisa.
Di qui la proposta di dieci semplici regole per tutelare clienti e dipendenti, da aggiungere chiaramente a quelle già in essere.
La prima è: sedute a norma Covid. Ovvero: distanziate, come già previsto, o ancor meglio chiuse in alcuni lati affinché sia garantita la distanza tra i posti a sedere senza possibilità di contatto alcuna con gli altri gruppi di avventori. Se possibile, prevedere anche sale privé riservate, per tavoli da 4/8 posti.
Seconda regola: pagamenti solo con carte o bancomat. Banconote e monete infatti è noto che rappresentano un pericoloso vettore del virus.
Terzo punto: eliminare i cosiddetti “portaconti”, oltre i menu.
Quarto: cucine totalmente a vista. È necessario infatti che l’utente possa vedere cosa fanno i camerieri in sala, così come gli chef in cucina.
Quinto: far eseguire tamponi mensili ai propri dipendenti, supportati economicamente con un credito d’imposta.
Sesto: obbligo di mascherina per l’utente mentre si prende l’ordine, anche se si è seduti al tavolo. Il cliente deve rispettare il cameriere, e viceversa.Settimo: bicchieri e posate monouso, sia che siano forchette sia che siano bacchette (su questo punto c’è la presa di posizione dei Verdi e di alcune Associazione consumatori per il forte impatto sull’ambiente che consiglierebbe invece lavaggi a 90 gradi in lavastoviglie che sono in grado di inattivare i germi.
Ottavo: delivery con doppia confezione. Quella esterna va eliminata dal rider al momento della consegna, senza mai toccare quella interna.
Nono: pulizia della sala e dei bagni più frequente, con i santificanti autorizzati.
Decimo: eliminare strutture o macchinari che possano agevolare la diffusione.“A questa logica di sicurezza per il cliente ho già improntato il nuovo locale/tipo Giappo – conclude Schettino – a partire dal locale di Chiaia che a breve avrebbe festeggiato i suoi primi dodici anni di vita : niente festeggiamenti, ma look e menù nuovi di zecca con tutto quel che costa, in un momento non certo sereno. Ma ai miei colleghi che mi chiedono consiglio su come incrementare le vendite dico: la sicurezza percepita è la miglior forma di pubblicità, oggi più che mai”.

Nel caso specifico di Giappo, sono già stati attuati molti di questi punti, spiega Schettino: “abbiamo rinunciato al tradizionale nastro trasportatore, che era senz’altro tipico e perché no divertente per il cliente – continua l’imprenditore – ma oggi diventa un possibile conduttore del virus visto che lungo il nastro scorrevole l’avventore vede passare dei piatti già pronti che può prendere direttamente. Siamo stati i primi a portarlo in Italia, siamo stati i primi ad eliminarlo”, continua Schettino che per Giappo ha creato un prototipo di seduta chiusa lateralmente, in modo da non avere contatti con chi è seduto alle proprie spalle ed ha dato una maggiore spinta al delivery prevedendo confezioni a norma che mantengano anche la temperatura e prodotti adatti alla richiesta elevata di consegne che già si avverte e che, presumibilmente, aumenterà nei prossimi mesi. In controtendenza con la paura di investire Schettino ha appena lanciato un nuovo format, dopo Giappo e Giappoke: il Bao Burger, un panino di pesce realizzato “in casa” che garantisce ulteriormente il cliente non essendo stato manipolato o trasportato da più soggetti.

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