Il carcinoma della mammella maschile equivale allo 0,5-1% del totale delle malattie di questa tipologia, stando ai dati raccolti dalla AIRTUM (Associazione italiana registri tumori). La fascia di età maggiormente colpita riguarda i soggetti di età inferiore ai 45 anni, ma l’età più a rischio rimane quella compresa tra i 60 e i 70 anni. La minore diffusione negli uomini è dovuta, in parte, alla conformazione della mammella: negli uomini, infatti, il tessuto mammario che tende a trasformarsi in tumore è molto più scarso che nelle donne. Tuttavia, la rarità e la scarsità di dati scientifici comportano una maggiore difficoltà nella diagnosi e nella gestione della malattia.
Sebbene ad oggi non è stato ancora possibile identificare con certezza le cause del tumore al seno, la ricerca ha indicato alcuni fattori, ereditari e non, che potrebbero aumentare il rischio di ammalarsi. Innanzitutto, tra i fattori di rischio più determinanti c’è la mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2, entrambi coinvolti nella riparazione del DNA. Un’alterazione di tali patogeni potrebbe esporre l’organismo all’accumulo di modificazioni del DNA con conseguente formazione di tumori, specie alla mammella e all’ovaio. Da non sottovalutare è un’alterazione del rapporto tra gli ormoni estrogeni e androgeni dovuta a fattori genetici (parliamo, ad esempio, della sindrome di Klinefelter) oppure legata a malattie dell’apparato riproduttivo maschile (come orchite ed epididimite) o ancora dovuta all’uso di ormoni sessuali o farmaci quali estrogeni, testosterone e finasteride. Anche l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, l’obesità e la mancanza di esercizio fisico rientrano tra i maggiori fattori di rischio di ammalarsi di tumore al seno.
Data la rarità del tumore alla mammella negli uomini, non è stato ancora messo a punto uno screening per la diagnosi precoce: non avrebbe senso estenderlo a tutta la popolazione adulta, maschi compresi. È importante, però, che anche gli uomini facciano attenzione ad alcuni sintomi che potrebbero trasformarsi in veri e propri campanelli d’allarme: formazione di noduli, percepibili al tatto o addirittura visibili, cambiamenti della pelle, che potrebbe risultare, ad esempio, più arrossata, o ancora il capezzolo che si ritrae o fa fuoriuscire liquido. Eventuali sintomi non vanno assolutamente sottovalutati! È importante chiedere un parere del medico fin da subito e stabilire, laddove risultasse necessario, ulteriori esami di approfondimento.
Maggiore difficoltà si riscontra anche nella cura dei tumori al seno maschili, oltre che nella loro diagnosi. Fanno riflettere i dati raccolti dalla rivista Jama Oncology in seguito a un esperimento condotto su due gruppi di pazienti ammalatisi tra il 2004 e il 2014, composti da 16mila uomini e 1.8 milioni di donne. È stato notato dai ricercatori che, in tutte le fasi della malattia, il tasso di mortalità tra gli uomini è maggiore rispetto a quello registrato tra le donne.
Alla luce di quanto emerso fino a questo punto, si comprende l’appello diffuso dalla Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa di regolamentare i prodotti alimentari e farmaceutici, ad incrementare la ricerca clinica e la sperimentazione sul tumore al seno maschile dal momento che i farmaci attualmente disponibili sono stati testati unicamente sulle donne; non p scontato, in effetti, che uomini e donne attuino lo stesso meccanismo biologico in risposta alla malattia. Per questo, occorre sostenere la ricerca per creare una rete tra le diverse struttura oncologiche: l’obiettivo è quello di poter contare su un numero di pazienti tale da poter essere oggetto di studio e analisi.