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Sars-Cov-2 infetta anche i batteri? Nuovi studi fanno luce sull’utilità degli antibiotici nel Covid

Sars-CoV-2 infetta anche i batteri? Recenti studi sembrano confermare che il Coronavirus che causa Covid-19 sia un batteriofago, ossia è in grado di replicarsi non solo nelle cellule eucariotiche dei mammiferi ma anche nei procarioti, ossia nei batteri. A provarlo ci sono non soltanto i rilievi del virus nelle acque reflue e fognarie di grandi città come Parigi, Milano, New York (tanto da essere diventato uno strumento di monitoraggio della pandemia) ma anche molteplici studi che, peraltro, rendono conto delle manifestazioni intestinali dell’infezione causata da Sars-Cov-2 (infezione che spesso colpisce il microbiota intestinale, quest’ultimo formato appunto da batteri). Le conseguenti infiammazioni del colon perdurano a lungo termine, anche dopo la guarigione, in alcuni casi a proprio carico dell’intestino a causa dell’alterazione, conseguente all’infezione, della flora batterica intestinale.

Il corollario di questi assunti è che l’approccio al Covid-19 se sintomatica è correttamente compendiata dall’uso di antibiotici che agendo sui batteri (intestinali e non) a loro volta infettati dal virus ne limitano la replicazione riducendo la carica virale complessiva. Questo sebbene la clinica e le linee guida delle malattie virali in generale nelle prime fasi virali sconsigliano l’uso di antibiotici in quanto potrebbero abbassare le difese immunitarie e in base al fatto che i virus sono parassiti delle cellule insensibili agli antibiotici. Nel caso del Covid tuttavia il beneficio sarebbe indiretto.

LO STUDIO

Questi studi – avverte Luigi Montano uroandrologo della Asl di Salerno che ha indagato il rapporto tra Covid e fertilità – in sostanza danno ragione ai medici che curano anche con antibiotici l’esordio della malattia mentre in Italia in particolare si è preferito solo l’approccio vaccinale che nella prevenzione sta mostrando tuttavia tutti i limiti di una profilassi che non evita le infezioni e che richiede molti richiami per garantire un livello di protezione soddisfacente in particolare utile in soggetti fragili per età o patologia”.
In effetti ci sono ben tre lavori scientifici pubblicati da Brogna e anche da Montano che indicano l’azione iniziale proprio a livello intestinale del virus. “Non solo – aggiunge Montano – il Covid e anche l’inquinamento delle matrici ambientali sono in grado di compromettere la fertilità soprattutto quella maschile e la qualità e vitalità del seme maschile è un indice, una spia e una sentinella attendibile della salubrità dell’ambiente nel quale vivono gli individui. Dai nostri studi emerge che i danni da Covid sulla fertilità ci sono e sono reali e quali meccanismi sinergici sviluppano anche con gli inquinanti presenti nelle aree geografiche più a rischio come le tante “Terre dei fuochi” che sono stare nel nostro Paese e dovute ala pratica criminale dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici e industriali”.

VIRUS BATTERIOFAGO

Ma andiamo con ordine e torniamo ad approfondire la capacità di Sars-Cov-2 di infettare i batteri presenti nel nostro intestino (microbioma umano).
A dimostrarlo è lo studio pubblicato su “Vaccines” rivista del gruppo MDPI, condotto dal team di Carlo Brogna, ricercatore della Craniomed group, Start Up Irpina (Brogna, C.; Brogna, B.; Bisaccia, D.R.; Lauritano, F.; Marino, G.; Montano, L.; Cristoni, S.; Prisco, M.; Piscopo, M).
La ricerca nasce dall’iniziativa di 3 società italiane, Craniomed group (Avellino), Marsanconsulting, (Napoli) e ISB Ion Source (Milano), consorziate con Marina Piscopo, docente di biologia molecolare del Dipartimento di Biologia dell’Università di Napoli Federico II e con Luigi Montano e con diversi biologi internazionali.

Come detto prima di questo studio si presumeva che l’unico ospite possibile per questo tipo di virus fossero le cellule eucariotiche dei mammiferi. Lo studio invece mostra che i microrganismi nel tratto gastrointestinale umano influenzano la gravità del COVID-19 e per la prima volta forniscono indicazioni sulla capacità del virus di replicarsi nei batteri intestinali. Come si è arrivati a tali assunti scientifici? I ricercatori hanno analizzato colture di batteri del microbioma umano messi insieme a SARS-CoV-2. Ebbene al microscopio elettronico e a fluorescenza emerge la presenza del virus all’interno dei batteri. Ulteriori analisi molecolari sui batteri infettati da SARS-CoV.2 confermano i sospetti da cui è nata la ricerca. Il gruppo di ricerca ha eseguito molte prove prima di ottenere tale dato. Lo studio di ricercatori ha ottenuto molteplici prove di questo meccanismo mettendo un paletto sul meccanismo virale di infezione dei batteri confermando quello che già era emerso da precedenti studi degli stessi autori e di altri che avevano appunto osservato l’interazione tra il microbioma umano e il virus.

Del resto è noto che il microbiota umano rappresenta la prima linea di difesa contro molte affezioni dall’apparato enterico e anche contro l’infezione stessa. A questo punto è lecito chiedersi se i batteri (in teoria anche quelli presenti lungo le vie respiratorie) non rappresentino una tappa
fondamentale nella trasmissione del virus e nella sua diffusione con tutto quello che consegue relativamente ai protocolli di cura che dovrebbero contemperare l’uso di antibiotici, anche in fase precoce, per mitigare la carica virale e ostacolare il processo di trasmissione e diffusione.

LE STRATEGIE VACCINALI

Un’analisi attenta – aggiunge Brogna – suggerirebbe anche soluzioni vaccinali integrative”. Di che si tratta? “Un vaccino a virus attenuato ad assunzione orale come il vaccino Sabin per la poliomielite”. In pratica andando tale tipo di vaccino a infettare parzialmente i batteri intestinali in condizioni sub ottimali stimolerebbe una più duratura immunità.
“Inoltre
– conclude Brogna – siamo difronte ad un doppio meccanismo infettivo di Sars-Cov-2 con la produzione di due potenti tossine da parte dei batteri, per cui la soluzione vaccinale potrebbe essere doppia: Vaccino orale e antidoto contro le tossine. Tossine batteriche, infine, che sembrano giocare un ruolo molto importante proprio nel Long Covid”.

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