“Non è il più forte della specie che sopravvive, né il più intelligente, ma quello più reattivo al cambiamento”: questa celebre frase di Charles Darwin sembra nascondere l’indicazione più preziosa per un professionista sanitario in epoca moderna. Ancor più vero, quell’assioma, se riportato, in particolare, all’ambito della Tecnica Radiologica. La scienza e la pratica della Radiologia, che esistono da ormai oltre cento anni, sono state, infatti, permeate, sin dall’inizio, da un cambiamento rapido e continuo in risposta al costante sviluppo tecnologico. Il Tecnico di Radiologia si è evoluto progressivamente per poter rappresentare, oggi, un ruolo indissolubilmente legato alla normativa, alla deontologia e alla formazione.
LA FORMAZIONE
La formazione in tecniche di Radiologia ha compiuto enormi progressi in Europa. Già nel 1995, un gruppo di lavoro europeo dell’Isrrt (International society of radiographers and radiological technologists) pubblicò un documento in cui descriveva il ruolo e le responsabilità del Tecnico di radiologia al fine di standardizzarne la formazione e il profilo professionale nei Paesi dell’Europa. Seguirono altre pubblicazioni da parte della Società europea di Radioterapia e oncologia relativamente ad un curriculum europeo di Radioterapia mentre è, tutt’ora, in corso il lavoro della Commissione d’inchiesta Euro-americana per le competenze avanzate in Medicina nucleare.
Attualmente, in tutta Europa, viene messa in pratica la raccomandazione del Quadro europeo delle qualifiche (Eqf). Elaborata dalla Commissione e dal Parlamento europeo nel 2008, la raccomandazione ha lo scopo di rendere le qualifiche nazionali più spendibili in Europa, di favorire la mobilità tra i lavoratori e gli studenti dei vari Paesi e di incoraggiare questi ultimi a sviluppare e a mettere in collegamento i propri Quadri Nazionali delle qualifiche (Nqf). Il quadro nazionale delle qualifiche si identifica in ogni Paese europeo con l’appropriato livello Eqf.
L’Eqf definisce i risultati dell’apprendimento in termini di conoscenza, abilità e competenza, dove per Conoscenza si intende il risultato dell’assimilazione delle informazioni attraverso l’apprendimento, per Abilità, si intende la capacità di applicare le conoscenze ed utilizzare il know-how per svolgere compiti e risolvere problemi; competenza significa utilizzare conoscenza, abilità e capacità personali, in termini di responsabilità ed autonomia. Secondo la Federazione uropea delle Società di Tecnici Sanitari di Radiologia Medica (Efrs) sarebbe opportuno riunire nella definizione di Tecnico di Radiologia il livello di conoscenza, abilità e competenze che soddisfino il livello 6 del Quadro europeo delle qualifiche (Eqf) che è l’equivalente del livello di laurea triennale.
Per l’Eqf di Livello 6 la competenza viene definita ulteriormente come capacità di gestire attività o progetti complessi di natura tecnica e/o professionale e di assumersi la responsabilità delle scelte compiute in contesti di lavoro o studio imprevedibili oltreché la responsabilità di gestire lo sviluppo professionale dei singoli individui e del gruppo. Tanto emerge dal documento che la stessa Efrs ha approvato nella versione finale del 2013, in cui, tra l’altro, si sottolinea la necessità che gli Istituti di Istruzione Europei assumano responsabilità sociale nel formare i Tecnici di Radiologia per garantire qualità e sicurezza delle cure, non solo della popolazione in Europa, ma anche in quei Paesi i cui sistemi di assistenza sanitaria abbiano limitazioni di carattere umano e tecnologico.
In Europa, i Paesi danno sempre più importanza alla necessità di valorizzare ed investire sulle conoscenze, abilità e caratteristiche individuali dei professionisti sanitari. Competenze acquisite non solo a scuola, all’università o in un altro istituto di formazione, ma anche al di fuori del sistema di formazione. La convalida delle competenze acquisite è già ben organizzata in alcuni di questi Paesi e sono state sviluppate linee guida europee a questo scopo. Negli Usa sono addirittura previsti programmi di mantenimento della certificazione Moc (Maintenance of certification), nello Uk attraverso il processo del Cpd (Continuing professional development) nonché la necessità, per alcune branche specialistiche, di aderire singolarmente a database di outcome riconosciuti o a programmi di valutazione delle qualità clinica.
Nella sanità italiana, il sistema di Educazione continua in medicina (Ecm) garantisce la formazione continua. Costituisce strumento per migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali dei professionisti e per allinearle con le evoluzioni scientifiche e tecnologiche nell’ottica di assicurare efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza nell’attività sanitaria. D’altra parte, però, l’ECM da sola non basta: non è sufficiente frequentare un corso e successivamente iniziare ad utilizzare o applicare le nuove metodiche apprese, essendo, in questo modo, la correttezza di esecuzione di tali metodiche in capo al solo giudizio del professionista. È necessario, dunque, creare percorsi che certifichino e comprovino le competenze acquisite con sistematicità, proprio in ragione del fatto che il bilancio di tali competenze non è mai finale, ma sempre provvisorio, progettuale e “in progress”.
CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
Nel contesto italiano si parla ancora poco di certificazione delle competenze. Approfondiamo l’argomento insieme al Dott. Gioele Santucci, docente all’Università degli studi di Bologna e direttore del corso di laurea in Tecniche di Radiologia medica per Immagini e Radioterapia presso il Campus di Rimini.
In Italia, l’acquisizione dell’abilitazione all’esercizio professionale (esame di Stato) e la registrazione del titolo (conseguimento del diploma abilitante) sono da sempre gli unici criteri di regolamentazione del sistema professionale riguardo alla esclusività dell’appartenenza e al regime dei controlli delegati dallo Stato agli Ordini e Albi Professionali. Una volta in possesso dei requisiti formali, non è presente nel nostro ordinamento giuridico e professionale la ricertificazione dei titoli, né alcun concetto di sistematicità e periodicità nella valutazione del professionista.
Al giorno d’oggi, però, per l’eccellenza del Sistema Sanitario Nazionale, la valutazione delle competenze dei professionisti della salute è sicuramente un fattore strategico e ridurci solo a parlare di Competenze non basta più: la definizione di un sistema per la Valutazione e la Certificazione delle Competenze dei Professionisti Sanitari esige di essere inquadrata all’interno di un unico processo di rinnovamento del macrosistema Formazione-Istruzione-Lavoro e si può attuare solo passando per diverse fasi: definizione di un modello omogeneo di competenze condiviso; definizione di un sistema di standard di unità formative capitalizzabili; costruzione di un sistema nazionale omogeneo di certificazione; realizzazione di un sistema di riconoscimento di crediti.
LE LEGGI
Nel nostro Paese, sono state prodotte molte leggi e stipulati molti accordi in relazione alla necessità di definire un sistema nazionale di certificazione delle competenze nella formazione professionale: Accordo per il lavoro tra Governo e Parti Sociali del 24.09.1996; Legge Treu 196/97 (Norme in materia disoccupazione); Legge Bassanini 59/97; decreti attuativi: 502/92 e Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli Enti Locali, per la riforma della Pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa …solo per citarne qualcuno, ma per le Professioni Sanitarie c’è ancora tutto da definire. Un grosso dibattito che accompagna la mappatura delle competenze è quello di come valutarle.
Nello specifico, rivestendo lei il ruolo di vicepresidente della Associazione Italiana Tecnici di Radiologia in Senologia (AITeRS), che ruolo hanno le associazioni scientifiche nel riconoscimento e nella valorizzazione del professionista sanitario in termini di competenze? L’associazione scientifica, a mio avviso, si colloca perfettamente al centro di questo circolo virtuoso, in cui, si parte dalla mappatura delle competenze che analizza diversi aspetti, quali: la valorizzazione dell’esperienza, la centralità del professionista e dell’apprendere, la formazione intesa come processo continuo.
La competenza, per essere valutabile, deve essere declinata e strutturata in elementi oggettivabili rispetto alle sue componenti basilari e contestualmente esclusive: conoscenze, abilità, modi di agire, risultati, metodi e strumenti. La soluzione più praticabile è quella di definire degli standard o indicatori comportamentali. Gli standard definiscono i comportamenti verso cui tende la competenza, misurando, quindi, il grado di applicazione della stessa e definendo gli obiettivi verso cui deve tendere l’apprendimento e lo sviluppo delle nuove abilità. Ovviamente rimane aperto il problema del “chi” valuta e della sua oggettività ma la condivisione degli indicatori e una buona formazione dovrebbero limitare questa difficoltà.
Il modello della mappatura delle competenze parte dalla laurea triennale, creando un sistema di certificazione che permette di proseguire nel percorso di sviluppo del singolo professionista. Il sistema ha la finalità di migliorare le performance professionale, controllare l’apprendimento per riprogettare la didattica; validare l’esperienza acquisita/maturata per riconoscere crediti; premiare il merito; spostare/promuovere nell’ambito di percorsi di carriera; incentivare la produttività; analizzare i fabbisogni/gap di professionalità; orientare o riorientare alla scelta formativa, professionale, lavorativa; costruire progetti professionali e/o di vita.
Alla mappatura delle competenze deve seguire, quindi, una descrizione breve di ognuna con i relativi indicatori comportamentali definiti dagli esperti del profilo professionale. Alla fine del processo, la Certificazione delle Competenze deve fornire un riconoscimento chiaro, sicuro nei suoi contenuti, affidabile nelle aspettative, controllato nella sua erogazione per identificare, in modo ufficiale, la figura del Professionista esperto.
IL CONGRESSO AITERS
In occasione del congresso di AITeRS, conclusosi a Rimini il 2 aprile u.s., proprio lei ha portato una relazione sull’argomento delle certificazioni per quanto riguarda l’ambito senologico. Quale è il razionale della certificazione delle competenze in un ambito così particolare? Mi piace pensare all’apprendimento come ad un fenomeno emozionale e intellettuale in cui il professionista sanitario sviluppa nuove competenze.
In un contesto delicato e importante come quello della senologia, in cui il Tecnico di Radiologia dedicato rappresenta una figura centrale, l’apprendimento continuo e la Certificazione delle Competenze ha come obiettivo principale la garanzia della qualità dei servizi sanitari con vantaggi per tutti: per le donne che intraprendono o che sono già all’interno di un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale per neoplasia mammaria, perché vedranno aumentate le garanzie sulla competenza delle figure professionali sanitarie; per le strutture sanitarie che, attraverso l’alta formazione di Tecnici di Radiologia dedicati in Senologia e investendo sui diversi livelli di complessità della competenza, possono avvalersi di esperti realmente spendibili nell’organizzazione. L’Università avrà l’occasione di aggiornare i propri curricula basandoli sulle competenze richieste dal mercato del lavoro.