Si è svolto ieri a Varese, presso la sala convegni dell’Ufficio territoriale regionale, un incontro fra i principali rappresentanti istituzionali delle Professioni sanitarie della Lombardia e il presidente della III Commissione Sanità e Politiche sociali, Emanuele Monti.
Al centro del vertice il ruolo delle Professioni sanitarie nell’evoluzione del sistema Socio-sanitario regionale così come delineato dalla Legge regionale n. 22 del 2021.
I PROTAGONISTI
Fra i protagonisti dell’incontro Diego Catania, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e prevenzione e presidente dell’Ordine di Milano e province. Fari puntati nel suo intervento sul futuro del Servizio sanitario nazionale italiano.
“Il rilancio del servizio sanitario deve passare necessariamente dalla multidisciplinarietà, in linea con quanto richiamato dal DM 71 di recente approvazione in cui sono esplicitamente nominate le Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione” ha sottolineato Catania.
Anche Elena Cossa, presidente dell’Ordine Tsrm e Pstrp di Varese, ha sostenuto un modello improntato alla sinergia e alla continuità assistenziale: “Occorre progettare un sistema che ponga davvero al centro la persona, responsabilizzando tutti i profili coinvolti nel percorso terapeutico – ha sottolineato – e le 19 Professioni afferenti agli Ordini Tsrm e Pstrp devono essere inserite nel contesto territoriale, dove collaboreranno con gli altri operatori sanitari per una presa in carico a tutto tondo del bisogno di salute”.
IL TERRITORIO
Sul tema della sanità territoriale si è espresso nuovamente Catania, focalizzandosi sull’impianto organizzativo previsto dal Pnrr e accolto dalla nuova Legge Regionale: “Gli snodi portanti della rete dei servizi, Case e Ospedali di Comunità, dovranno valorizzare la sanità d’équipe e rispettare la composizione minima di Professionisti ì Sanitari di area tecnico-diagnostica e assistenziale, della riabilitazione e della prevenzione. Solo integrando competenze specifiche e diversificate, infatti, tali strutture potranno rivelarsi valide risorse per la cittadinanza; in caso contrario, rimarranno cattedrali nel deserto”.