Il PSA è stato proposto come strumento di screening di massa nei pazienti maschi dai 50 anni di età in poi. Un recente studio multicentrico europeo ha dimostrato come il PSA riduca la mortalità da tumore della prostata fino al 30% nei pazienti seguiti per 15 anni.
Il PSA è che molti pazienti eseguono biopsie prostatiche “inutili”, cioè che non identificano alcun tumore e che idealmente dovrebbero essere risparmiate ai pazienti.
Un dato considerevole per il quale parte del merito va anche al test del Psa, un marcatore prodotto dalla prostata, i cui livelli nel sangue possono essere indice di aumentato rischio tumorale. Ma il test non inequivocabile. Il test non è adeguato per uno screening generalizzato sulla popolazione, non avendo una così elevata specificità. Così quando ci si trova davanti a valori alti spesso servono ulteriori accertamenti, spesso invasivi come la biopsia per arrivare a una diagnosi più precisa.
Quali i rischi? «Innanzitutto quello di sopravvalutare il valore del Psa, sottoponendo a biopsia una quantità enorme di persone, che subiscono così un inutile trattamento aggressivo». Questo significa che il 20-30% delle neoplasie non viene individuato dal Psa.
Il carcinoma prostatico è il tumore maligno non cutaneo. Ogni anno, in Italia, vengono diagnosticati 43.000 nuovi casi di cancro alla prostata, che rappresentano il 35% circa dei pazienti sottoposti a biopsia.
Il 65% dei pazienti che subisce il peso psicologico, economico e delle complicanze legate alla manovra invasiva della biopsia (circa 80.000) ha però un risultato negativo. Circa il 30% il numero di pazienti sottoposti inutilmente a biopsia è stato abbattuto grazie all’impiego estensivo del p2PSA, %p2PSA e PHI (prostate healh index).Il trasferimento di queste conoscenze nella pratica clinica quotidiana potrà consentire di ridurre considerevolmente oltre al numero delle biopsie prostatiche inutili, anche quello dei trattamenti non necessari e la frequenza dei controlli, con chiari vantaggi sia per la qualità della vita del paziente sia per la spesa pubblica.
Da pochi anni è disponibile un nuovo esame per la valutazione delle condizioni della prostata. L’esame è denominato PHI, (acronimo dall’inglese Prostate Health Index – Indice di salute prostatica -) e deriva dall’elaborazione dei dati relativi a tre valori ematochimici: PSA totale, PSA libero e [-2]pro PSA. La sola valutazione del PSA totale è associata con le dimensioni della prostata, ma non è sempre in grado di distinguere se un aumento del PSA nel sangue e’ secondario a iperplasia benigna o alla presenza di un tumore. Una frazione del PSA libero, il [-2]proPSA ed i suoi derivati %[-2]proPSA e phi (prostate health index) risultano invece meglio correlati alla presenza di una neoplasia prostatica. In particolare nei pazienti con PSA totale compreso fra 2.5 e 10 ng/mL i valori di %[-2]proPSA e phi superiori all’intervallo di riferimento sono spesso associati alla presenza di una malattia clinicamente significativa[1- 2].
La misura del phi è particolarmente indicata in pazienti con valori di PSA totale superiori all’intervallo di riferimento per decidere se procedere o meno ad una biopsia prostatica. Un basso phi indica un rischio inferiore di tumore, mentre un phi alto può suggerire la necessità di sottoporsi ad una biopsia prostatica [1-2].
In conclusione, il phi offre ai medici una modalità di combinare ed interpretare tre differenti esami ematici e rappresenta uno strumento per la valutazione del rischio di carcinoma prostatico.
La prostata è una ghiandola che fa parte dell’apparato genitale maschile, le cui principali patologie sono l’adenoma prostatico, la prostatite e soprattutto il carcinoma prostatico. L’esame cardine per la diagnostica del carcinoma prostatico è rappresentato dall’antigene Prostatico Specifico PSA, una proteina prodotta dalle ghiandole prostatiche. Anche le altre patologie, l’adenoma e la prostatite, possono causare un innalzamento ematico di questo marcatore: un dosaggio alterato di PSA è quindi evocativo di una patologia prostatica ma non è un marcatore certo di carcinoma. Per meglio diagnosticare il carcinoma prostatico, la medicina di laboratorio ha proposto nuove analisi: PSA FREE: per aumentare la specificità del dosaggio del PSA, si è introdotto il dosaggio del PSA libero o Free Psa.
Il rapporto percentuale tra PSA libero e PSA totale migliora significativamente la discriminazione tra carcinoma prostatico ed ipertrofia prostatica benigna. ProPSA: sono precursori del PSA presenti nel siero; associati al tessuto canceroso prostatico ed aumentano nel siero dei pazienti con carcinoma della prostata.
In particolare, il dosaggio del 2proPSA migliora la specificità per il rilevamento del tumore maligno della ghiandola prostatica. Questa nuovissima analisi permette di ottenere un importante “indice di salute prostatica”, il PHI.
PHI: i risultati del 2proPSA sono stati utilizzati congiuntamente con valori ottenuti di PSA totale e PSA libero per ottenere il PHI (Prostate Health Index), l’indice di salute della prostata. I valori di PHI hanno migliorato significativamente la specificità clinica per l’identificazione di pazienti con carcinoma prostatico con età superiore ai 50 anni: il PHI appare quindi una nuova indagine per inquadrare e meglio gestire i pazienti con valori ematici di PSA totale di modesto innalzamento.
PCA3: il Prostate Cancer gene 3 è espresso in quantità maggiori all’interno del genoma delle cellule dei carcinomi prostatici. Mediante tecniche di amplificazione genica è possibile determinare l’mRNA PCA3 nelle cellule raccolte su un campione di urina dopo un leggero massaggio prostatico. Il PCA3 è sovra espresso nelle cellule di carcinoma prostatico: il suo livello è perciò correlato con una maggiore probabilità di ottenere una biopsia positiva. È un’indagine eminentemente utile in uomini con dosaggi di PSA persistentemente elevato e biopsia della prostata negativa.
Il test si esegue con un prelievo di sangue. La possibilità di identificare con maggiore precisione le forme neoplastiche che diventeranno clinicamente significative, consentirà la “personalizzazione” delle cure e, al tempo stesso, di evitare “sovra diagnosi” di tumori clinicamente non significativi, spesso candidati a “sovra trattamenti”».
PHI (indice di salute prostatica): l’ innovativo test per una precisa valutazione del tumore alla prostata.
Di Dott. Umberto Braschi
Commenti da Facebook