Il sistema cognitivo che sottende la paura è l’unità funzionale più studiata del sistema nervoso centrale e si esprime nello stesso modo negli animali e negli uomini. Tutti gli animali si devono proteggere dalle situazioni di pericolo per sopravvivere. Le strategie di cui dispongono sono:
– ritirata (evitare il pericolo o fuggirlo)
– aggressione difensiva (mostrarsi pericolosi o rispondere all’aggressione)
– sottomissione (pacificazione)
I modelli di risposta alla paura sono geneticamente programmati nel cervello umano e altamente conservati lungo la scala filogenetica in quanti forniscono un vantaggio per la sopravvivenza della specie. Quando il cervello percepisce il pericolo, attraverso i nervi del sistema nervoso autonomo invia agli organi dei messaggi e ne regola l’attività per adattarli alle esigenze della situazione: lo stomaco è teso, la frequenza cardiaca aumenta, la pressione arteriosa aumenta, mani e piedi diventano sudati, la bocca è secca. La vasocostrizione periferica fornita dall’adrenalina richiama le riserve energetiche, riduce l’entità di un eventuale sanguinamento, attraverso il cortisone esplica attività antinfiammatoria.
Queste sono tutte reazioni tipiche della paura negli esseri umani. Il tutto avviene in modo simile anche negli animali. Ma la nostra esperienza quotidiana ci dice che ci sono persone che hanno la tendenza a combattere, mentre altre non lo fanno, ci sono persone brave ad avvertire il pericolo e altre che invece non se ne accorgono. Le differenze nei comportamenti individuali di paura sono dovute in parte alla diversità genetica. Ma la manifestazione dell’effetto normalmente associato al possesso di un certo gene dipende molto anche da come siamo stati allevati, dall’alimentazione, dall’educazione che riceviamo e dagli altri geni che accompagnano quello preso in considerazione. Insomma natura e cultura del signor istinto, genetica e ambiente sono in continuo rapporto.
Detto in altre parole i geni ci danno la materia prima con la quale costruire le nostre emozioni: specificano il tipo di sistema nervoso che avremo, i tipi di processi mentali, i tipi di funzioni fisiche. Rappresentano la struttura ma il modo esatto in cui agiamo e pensiamo, quello che proviamo in una particolare situazione, sono determinati da molti altri fattori che non sono scritti nei geni. Le emozioni quindi possono avere una base biologica, ma i fattori sociali e quindi cognitivi, sono altrettanto cruciali. La natura e la cultura sono socie nella vita emotiva.
Il problema sta nello scoprire quali siano i rispettivi contributi.
I milioni di miliardi di connessioni realizzate dai miliardi di neuroni cerebrali, sembrano formare un groviglio inestricabile, eppure le varie aree hanno delle relazioni ben strutturate. L’AMIGDALA è la parte del sistema limbico specializzata nelle questioni emozionali: se viene asportata il risultato è una evidentissima incapacità di valutare il significato emozionale degli eventi.
Essa funziona come un archivio della memoria emozionale ed è quindi depositaria del significato stesso degli eventi.La vita senza amigdala è un’esistenza spogliata di significato personale. Tutte le passioni dipendono dall’amigdala. I segnali in entrata provenienti dagli organi di senso consentono all’amigdala di analizzare ogni esperienza, facendone una sorta di “sentinella psicologica” che scandaglia ogni emozione e ogni percezione guidata da domande che hanno radici nella notte dei tempi: “ E’ qualcosa che temo, qualcosa che odio, qualcosa che mi ferisce?”
Se la risposta è affermativa, l’amigdala reagisce immediatamente inviando un messaggio di allerta a tutte le parti del cervello. Umberto Galimberti ha così definito il recinto del sacro. Stimola così la secrezione degli ormoni che innescano la reazione di combattimento o fuga, mobilita i centri del movimento e attiva il sistema vascolare, i muscoli e l’intestino. I sistemi mnemonici corticali vengono riorganizzati attraverso la sostanza reticolare che desincronizza la sostanza reticolare con precedenza assoluta per richiamare ogni informazione utile nella situazione di emergenza contingente. La veglia diventa una veglia attiva e di allarme. L’estesa rete di connessioni neurali dell’amigdala, le consente, durante un’emergenza emozionale, di “SEQUESTRARE” gran parte del resto del cervello, compresa la mente razionale e di imporle i propri comandi.
Ma ritorniamo al talamo e agli stimoli sensoriali in entrata. Esiste un collegamento diretto anche tra il talamo e l’amigdala, che fa in modo che uno stimolo condizionato di paura possa suscitare delle risposte di paura senza l’intervento della corteccia. In particolare il NUCLEO CENTRALE dell’amigdala ha delle connessioni con le aree del midollo allungato implicate nel controllo della frequenza cardiaca: siamo nel territorio del sistema nervoso autonomo.
Le lesioni a questo nucleo centrale bloccano l’espressione di tutte le risposte neurovegetative, mentre la lesione dei singoli percorsi neurali in uscita bloccano soltanto le singole risposte. Compreso il nucleo centrale, l’amigdala è formata da una dozzina di sottoregioni , non tutte coinvolte nel condizionamento alla paura. Possono quindi interferire con quest’ultimo soltanto le lesioni che danneggiano le regioni dell’amigdala che fanno parte del circuito del condizionamento alla paura.
A questo proposito il NUCLEO LATERALE e il NUCLEO CENTRALE hanno senza dubbio un ruolo essenziale, mentre il ruolo delle altre regioni è ancora allo studio. (Si ipotizza che la zona mediale dell’amigdala sia responsabile delle sensazioni spiacevoli, mentre la zona laterale sarebbe più coinvolta nelle sensazioni piacevoli). Sacro e profano sono uniti così nel balletto della vita e nel contesto della natura check ha allevato nella notte dei tempi quando ancora la nostra coscienza era fatta di urla senza voce di appetiti senza bocche.