In queste ore si è costituito a livello nazionale il Comitato “Stop esclusività per le Professioni Sanitarie” che si pone come obbiettivo la rimozione del vincolo di esclusività lavorativa per tutti i professionisti laureati previsti nella legge 43/2006 dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale e di tutelare i diritti dei cittadini.
“Sono passati più di vent’anni da quando lo Stato ha istituito i corsi di laurea nelle Professioni Sanitarie e in questi anni si sono susseguite una serie di leggi che hanno aumentato competenze, oneri e responsabilità, non ultimi l’obbligo dell’iscrizione all’Ordine Professionale, l’obbligo di una assicurazione professionale e della Formazione Continua in Medicina – afferma in una nota il comitato – tutti a carico del professionista che con uno stipendio di 1500 euro è costretto dallo stesso Stato, per continuare a lavorare per le aziende pubbliche, a queste spese ingenti che indirettamente riducono drasticamente il salario fino a 250 euro mensili”
“Lo stesso non avviene per i Dirigenti e i Dirigenti Medici che, seppur legati alle stesse norme, hanno la possibilità di scegliere se accedere ad una indennità di esclusività o poter svolgere nel tempo libero la libera professione. – continua il comitato – Si è creata quindi da anni una disparità di trattamento tra dipendenti delle stesse Aziende Sanitarie Pubbliche: a chi ha lo stipendio più alto si garantisce il diritto di incrementarlo ulteriormente, mentre a chi guadagna meno viene tassativamente vietato di aspirare ad una condizione di vita migliore per se e per la propria famiglia”.
“Questo ha determinato un mercato nero di prestazioni sanitarie stimato da alcuni studi in 4 miliardi di euro annui e al proliferare di abusivi che senza alcun titolo eseguono prestazioni sanitarie al domicilio dei pazienti creando un grave danno sia ai professionisti che alla sicurezza della cittadinanza – conclude il comitato – nel mentre la legge che potrebbe risolvere tutto presentata dal Viceministro Sileri giace al Senato senza che nessuno si degni di discuterla o portala avanti”.