[dropcap color=”#000000″ style=”style-1″ background=”#ffffff” ] D[/dropcap]on Massimo Angelelli è da due anni direttore dell’ufficio nazionale per la pastorale della Salute della conferenza episcopale italiana dopo essere stato, per per 8 anni, cappellano al Policlinco universitario di Roma. Un grande esperto di Sanità pubblica che ogni giorno tasta il polso ai disagi e alle sofferenze legate alla malattia. Un punto di vista sbilanciato sul paziente e per questo prezioso per inquadrare i problemi dal versante giusto.
Al Convegno della Federazione delle professioni sanitarie di Rimini ha parlato a lungo del ruolo delle professioni sanitarie nella promozione della Salute e sottolineato le specificità e preziosità del lavoro svolto da ognuna delle 19 professioni sanitarie rappresentate dalla Federazione del nuovo Ordine .
“La presa in carico integrale della persona – avverte al taccuino dei redattori di GiornaleSanità.it – passa anche attraverso i suoi bisogni spirituali. Perché una visione integrale della persona passa attraverso la sua unitarietà di corpo, mente e spirito. Se vogliamo realmente prendere in carico la persona malata dobbiamo superare la dimensione strettamente biologica e curare la persona nella sua integralità. Possiamo farlo ricordando che non curiamo l’organo ma la persona stessa e quindi recuperando la relazione tra operatore e persona malata, Relazione centrale e necessaria e che deve essere necessariamente una relazione empatica”.
Qui parliamo di quella relazione empatica che nei casi di malpractice sanitaria sono per il 40% dettati proprio dal mancato ascolto del paziente. “Un importante abbattimento dei contenziosi legali che avvengono con grande frequenza – aggiunge Don Massimo – sarebbe possibile migliorando la relazione tra operatori e pazienti e accompagnando le persone malate e i parenti nel percorso di cura talvolta lungo doloroso e dall’esito incerto”. In gioco ci sono una quantità di parametri di cui tener conto di non facile decifrazione. Secondo il Censis il livello di insoddisfazione per le cure ricevute è altissima nella popolazione rispetto all’offerta sanitaria. Queste insoddisfazioni – sostiene Don Massimo – nascono per buona parte anche dalla mancata relazione umana con le persone. La cura – aggiunge il sacerdote – non si fa solo i protocolli e le terapie ma curando e ascoltando le persone e accogliendo le sofferenze fisiche e morali”.
Oltre questo aspetto i nodi da sciogliere, che indica Don Massimo, per migliorare il livello di qualità percepito del Servizio sanitario nazionale, riguarda la presa in carico del sistema delle relazioni familiari. “Ogni famiglia fa parte di un tessuto che non può essere lasciato fuori dal reparto. Invece ascolto e accompagnamento, anche dei familiari, sono del tutto trascurati, considerati quasi dettagli fastidiosi di cui occuparsi. Non è così, molte aggressioni sono generate da queste disfunzioni di relazione. I familiari del paziente rappresentano un importante veicolo di cura e di assistenza”.
Il terzo elemento di criticità che segnala Don Massimo Angelelli riguarda il carico di fatica che stanno sopportando gli operatori rispetto ai carichi di lavoro commisurati alle carenze di personale “diventato inaccettabile’. E questo è un errore strategico. La cura dei curanti è un valore economico, gestionale, sociale. Se l’operatore è stanco e sfiduciato, mortificato e frustrato tutto il sistema non funziona. Se invece lavora in buone condizioni e in benessere si riduce il numero degli errori e aumenta esponenzialmente la produttività. Tutto questo il paziente lo percepisce anzi lo tocca con mano ogni giorno in ambulatori, corsie e pronto soccorso”.
Medici, pazienti e operatori: la relazione di cura che passa per ascolto e accoglienza

Commenti da Facebook