Non è ancora considerato fuori pericolo ma migliora di ora in ora il 44 enne ricoverato in prognosi riservata all’ospedale d Pozzuoli per aver ingerito una porzione della velenosa Mandragora acquistata come spinaci al mercato mentre è fuori pericolo ed è stato dimesso oggi un 86enne avvelenato insieme ad altre 10 persone tutte con sintomi più lievi di intossicazione.
Intanto proseguono le indagini degli investigatori sull’origine della presenza di Mandragora nei mercati e notevoli quantitativi di spinaci freschi, considerati infestati dalle foglie dell’erba di Henry Potter, sono stati distrutti al Can (centro agroalimentare di Villa). Così anche nella refezione di molte scuole sono stati rimossi dal menu. Dai primi accertamenti pare che l’erba, tossica anche in modiche quantità, provenisse da Avezzano, in Abruzzo, e da qui era giunta al Caan che l’ha distribuita soprattuto nella zona ovest di Napoli. Ormai anche spinaci di buona qualità restano da giorni invenduti e nei supermercati non funzionano le svendite sugli scaffali. Spinaci, spinacini, valerianella, bietola e songino per paura sono rifiutati dai consumatori.
LA MANDRAGORA
La Mandragora è una pianta Solanacea (a cui appartengono anche i pomodori, tossici solo se sono verdi) e le patate, ma è l’unica insieme alla Belladonna ad essere molto velenosa per la presenza di sostanze narcotiche e alcaloidi in foglie e radici. Questa erba avrebbe contaminato i fasci di ortaggi freschi venduti nei mercati della zona Flegrea in quanto le operazioni di raccolta meccanizzate avrebbero by passato la sapienza antica dei contadini allenati a riconoscerla. L’allerta è stato rilanciato anche molti sindaci del napoletano e del salernitano che hanno chiesto ai cittadini di non consumare spinaci freschi. L’Asl di Caserta ha invece chiesto di evitare «il consumo di ortaggi a foglia larga freschi, compresi gli spinaci acquistati nelle ultime 48 ore, sostituendoli eventualmente con spinaci congelati».
“La Mandragora autumnalis – avverte in questa intervista esclusiva Giancarlo Tenore, docente di Chimica e tecnologia degli alimenti della Federico II – cresce proprio in questa stagione, spesso a macchia e può invadere molti terreni coltivati a Spinaci e bietole. La Mandragora ha dei caratteristici fiori viola che nei raccolti degli antichi contadini venivano facilmente individuati. Nei raccolti meccanizzati di oggi invece può capitare che la contaminazione non sia individuata e che questa erba velenosa raggiunga le nostra tavole”.
Professore era mai accaduta una cosa del genere?
“In letteratura si ricorda un evento esteso, paragonabile a questo, avvenuti in Spagna negli anni Novanta. In Italia ci sono stati singoli episodi sporadici e un caso finito, anni fa, all’attenzione del ministero per spinaci imbustati da una nota azienda del terziario senza che l’indagine sia mai stata conclusa in maniera univoca”.
Il rischio è grosso, come ci si difende?
“Ovviamente il problema non è solo a tavola, in famiglia ma anche nei ristoranti e nelle gastronomie dove gli spinaci e le bietole sono non a caso spariti nel giro di poche ore. Va sottolineato che la provenienza degli spinaci infestati da Mandragora è stata individuata prontamente attraverso il controllo interno effettuato al Caan. Per fortuna i rivenditori al dettaglio che se ne erano riforniti sono circoscritti all’area flegrea. Molti fruttivendoli li vendono a mazzetti e quindi consentono un controllo visivo più immediato ma con le macchine e nella produzione industriale che passano tutto occorrono evidentemente dei controlli a monte con ispezioni prima del raccolto”.
Come finisce nei campi coltivati un’erba velenosa come la Mandragora?
“Di solito cresce spontanea ma può invadere le terre coltivate in maniera invasiva, anche a macchia, se non ce ne si accorge in tempo.
La Mandragora è come detto una pianta appartenente alla famiglia delle Solanacee, che cresce spontanea nei paesi del Mediterraneo. È un’erba perenne con foglie oblunghe, fiori viola blu e bacche gialle. Questa pianta risale a migliaia di anni fa ed era usata in medicina come narcotico prima dell’intervento chirurgico. I suoi effetti narcotici, noti fin dall’antichità, le hanno fatto guadagnare l’appellativo di “Erba del diavolo”, fortemente impiegata in pratiche associate a rituali magici e alla stregoneria. Inizialmente si pensava che l’alcaloide mandragorina fosse il suo principio attivo. In seguito si scoprì che tutte le parti delle specie di Mandragora (foglie, semi, bacche e radici) sono velenose, poiché contengono alcaloidi cosiddetti tropanici, principalmente iosciamina e scopolamina ma anche atropina”.
Ci parli del caso di avvelenamento in Spagna a cui prima ha fatto cenno.
“Nel 1990, in Spagna sono stati registrati 15 casi di intossicazione alimentare da Mandragora. Si è trattato di contaminazione di foglie di bieta e spinaci con foglie di Mandragora. I sintomi si sono manifestati dopo circa 1-4 ore dall’ingestione. Tutti i pazienti presentavano visione offuscata, secchezza della bocca, tachicardia, 9 avevano difficoltà nella minzione, vertigini, mal di testa, 8 vomito, 2 difficoltà a deglutire, 2 dolori addominali, 14 iperattività e allucinazione associati ad agitazione e delirio”.
Sintomi gravi, si può morire?
“Se l’avvelenamento è con grosse quantità di erba si si può anche morire”.
C’è una cura?
“Bisogna intervenire con la lavanda gastrica tesa a ridurre l’assorbimento del veleno, con l’assistenza cardiaca e ventilatori come è stato fatto per lo sfortunato 44 enne ricoverato in rianimazione a Pozzuoli. In Spagna fu somministrata prostigmina (2-6 mg) ad 11 pazienti e fisostigmina (0,5-2 mg) a 6. Il tempo necessario prima che fosse osservata una risposta definita era variabile (3-36 ore). I pazienti trattati con fisostigmina hanno avuto una migliore inversione dei sintomi psiconeurologici. La scopolamina e l’Atropina sono a tutti gli effetti veleni che agiscono sul segnale nervoso e dunque capaci di bloccare cuore, respirazione e cervello. A piccolissime dosi hanno anche un utilizzo in clinica. L’atropina, ad esempio, si usa nei disturbi del ritmo cardiaco e come dilatatore delle pupille nelle visite del fondo oculare sfruttando la capacità di bloccare appunto il muscolo ciliare”.
Come si riconoscono i sintomi?
“Il primo segnale è la visione che viene compromessa, poi aumenta la temperatura corporea, quindi sopraggiungono la tachicardia e quindi effetti generali con difficoltà respiratoria e il coma. Insomma un avvelenamento vero e proprio. Per arrivare a un ricovero la quantità non è la fogliolina”.
Si rischia anche con gli orti fai da te?
“Se non si conoscono le piante si. C’è oggi la moda della coltivazione della Borragine e della Portulaca, piante adattate a vivere in condizioni avverse e che per questo producono antiossidanti di difesa utili all’uomo. Ma nella stessa famiglia abbiamo vere e proprie piante velenose come appunto la Mandragora e la Belladonna, con la prima che somiglia pericolosamente molto agli spinaci ma non va mai assunta. Per queste erbe vale un po’ lo regola dei funghi. Ce ne sono di commestibili e altri molto simili invece velenosissimi”.