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Maculopatia: le strategie per mettere fine al percorso ad ostacoli del paziente con degenerazione retinica essudativa

La cura delle patologie oculari croniche rappresenta oggi una delle principali sfide del sistema sanitario, che richiederà un cambio di paradigma organizzativo e culturale. Tra le patologie oculari croniche la degenerazione maculare senile rappresenta la realtà più drammatica, per il numero estremamente elevato di persone affette e per il devastante impatto della malattia sulla qualità di vita dei pazienti.

Non è semplice il percorso che deve intraprendere la persona quando la diagnosi che le viene comunicata è maculopatia. “Il viaggio del paziente” con maculopatia in una regione come il Piemonte è contrassegnato da queste criticità: eterogeneità dei centri oculistici di II livello per volumi, canali di ingresso e tempi di attesa; importante riduzione di tutte le attività dal 2019 al 2021, con una maggiore incidenza sulle diagnosi (-63%) e sulle visite (-50%) ma anche sul numero di pazienti trattati, soprattutto se naive (-49%); numero di trattamenti nell’anno per singolo paziente (in crescita da 2,6 nel 2019 a 3,4 nel 2020) molto inferiore ai target di riferimento. Inoltre, per la degenerazione maculare gioca un ruolo importante la mancanza di uno screening tra i potenziali malati, poiché molti si recano dall’oculista solo con sintomi e degenerazione avanzata, la difficoltà di recupero del pregresso che non ha potuto rifarsi ai luoghi di cura durante la pandemia.

La Clinica Oculistica della Città della Salute e della Scienza di Torino ha realizzato un progetto pilota che, tramite un sito dedicato, permetterà a tutti gli oculisti del territorio o di altri ospedali di accedere in maniera diretta alle agende dedicate a questa patologia con delle priorità che verranno individuate in base alla condizione clinica del paziente, superando le mille difficoltà che troppo spesso il paziente incontra per arrivare alla cura, e che si traducono in una riduzione drammatica dei risultati in termini di vista.

Presso il Centro maculopatie della struttura complessa di Oculistica dell’AO Ordine Mauriziano di Torino è in essere un progetto volto a migliorare l’appropriatezza di utilizzo dei trattamenti intravitreali attraverso: l’impiego di farmaci che permettano un minor numero di trattamenti/anno senza una riduzione di efficacia, un adeguamento dei regimi di trattamento prediligendo dove possibile il regime Treat and Extend (che garantisce il miglior rapporto tra numero di accessi/iniezioni e outcome visivi) e accessi più rapidi alla struttura e ai trattamenti in caso di nuova diagnosi.  È inoltre in fase di partenza un servizio di “home monitoring” rivolto anch’esso alla riduzione dei disagi legati al percorso di cura.
Se ne parla nell’evento “LA GESTIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA DEGENERAZIONE MACULARE SENILE ESSUDATIVA”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo non condizionante di Novartis.

In Italia si stima che la degenerazione maculare senile colpisca oltre un milione di persone, prevalentemente nella fascia oltre i 60 anni, con una previsione di un aumento considerevole nei prossimi anni in conseguenza del prolungamento dell’aspettativa di vita. Si tratta di una malattia caratterizzata dalla disfunzione irreversibile della porzione centrale della retina la macula, necessaria per attività come leggere, guidare, riconoscere i volti delle persone e vedere i colori, con conseguente perdita della visione e dell’autonomia per le persone colpite.

“Fortunatamente – spiega Michele Reibaldi, Direttore Oculistica universitaria AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – abbiamo a disposizione terapie estremamente efficaci che si basano sull’iniezione ripetute di farmaci intravitreali capaci di arrestare la progressione della malattia. Tuttavia, a causa di difficoltà prevalentemente organizzative, dovute all’elevato numero di trattamenti necessari, ma anche al ritardo nell’inizio della terapia rispetto alla comparsa della sintomatologia, spesso non è possibile ottenere i benefici attesi da tali trattamenti. Una nuova molecola recentemente autorizzata per il trattamento della maculopatia senile ha permesso di migliorare sensibilmente i risultati dei trattamenti, per via della eccellente efficacia clinica ma anche e soprattutto per la durata più lunga della sua azione che si traduce in un minor numero di trattamenti per i pazienti e per i centri di cura”.

Avere farmaci efficaci è il presupposto fondamentale, ma non è sufficiente.
“Sarà imperativo – sottolinea il professor Reibaldi – cercare di costruire una rete efficiente tra territorio ed ospedali, con centri specializzati che siano in grado di trattare in maniera tempestiva e appropriata i pazienti. In tal senso il progetto pilota della Clinica Oculistica della Città della Salute e della Scienza rappresenta un primo passo nell’ambito di un percorso riorganizzativo più ampio che dovrebbe coinvolgere i diversi attori del percorso assistenziale tra ospedale e territorio, al fine di eliminare o quanto meno ridurre quei drammatici ritardi nell’inizio della terapia, che troppo spesso non consentono ai pazienti di ottenere il massimo risultato possibile.

“La maculopatia può rendere invalide persone che avrebbero altrimenti una vita piena e normale – ha spiegato Francesco Faraldi, Direttore struttura complessa di Oculistica AO Ordine Mauriziano di Torino –. Anche le terapie intravitreali, che hanno migliorato la prognosi di queste patologie, possono risultare gravose per i pazienti e le famiglie ed è pertanto fondamentale il corretto impiego dei farmaci perché il risultato sia ottimale e sostenibile per i pazienti”.

Franco Ripa, Responsabile Programmazione sanitaria e socio-sanitaria, Vicario Direzione Sanità e Welfare della Regione Piemonte, ha sottolineato, infine, il ruolo dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali: “I percorsi diagnostici terapeutici assistenziali rappresentano la contestualizzazione delle linee guida a livello locale, a partire dalle evidenze scientifiche. Anche in ambito di maculopatia ogni azienda sanitaria è chiamata pertanto a sviluppare il proprio percorso attuativo. In tale ambito è fondamentale l’integrazione tra ospedale e territorio, con le attività di audit clinico e assistenziali a supporto”.

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