Mentre Stefano Lorusso, lucano come il ministro Roberto Speranza, già capo della segreteria tecnica del suo Gabinetto e al vertice dell’Unità di missione del Pnrr per la Salute, prende posto a via Lungotevere Ripa nell’ufficio della direzione generale della Programmazione del Ministero della Salute lasciata libera da Andrea Urbani, tutti si chiedono quale sarà l’assetto del ministero dopo la tornata elettorale del 25 settembre.
Un appuntamento con le urne che cade in un momento epocale di crisi per il nostro Paese e per l’Europa intera. Sia per i postumi di una pandemia che segna ancora una crisi nell’assetto delle cure che richiedono una rivisitazione profonda che dia gambe al progetto di riforma delle cure sul territorio (il Pnrr non basta senza un investimento sul personale con cui popolare Case e Ospedali di Comunità) sia per la crisi energetica con la prospettiva di un default strutturale per i prossimi dieci anni delle economie europee che investirebbe anche i servizi primari e dalla spesa incomprimibile come quelli alla personale e per la salute.
IL PERSONALE
Del resto la carenza di personale specialistico in Italia è un nodo venuto al pettine e spinge intere regioni, come la Calabria, a reclutare all’estero e in territorio extra Ue i medici di cui ha bisogno per far funzionare la rete dell’emergenza e per presidiare le prime linee degli ospedali alimentando il paradosso di un circuito formativo a numero chiuso ma un mercato del lavoro aperto ormai a professionisti che vengono da altri paesi dove invece l’accesso agli studi è libero e senza vincoli a tutto detrimento dei livelli occupazionali dei giovani professionisti in camice bianco italiani.
In molte regioni, come la Campania, oltre a dirottare in pronto soccorso specialisti di altre discipline equipollenti che, solo sulla carta, sono in grado di fronteggiare tali bisogni assistenziali, si sta tornando ai bandi e avvisi pubblici per reclutare alla rete dell’emergenza medici abilitati e in formazione ovvero già formati per la medicina primaria e la continuità assistenziale. Ma il flusso è ormai orientato e consolidato in senso opposto e inverso e sia il 118 che i pronto soccorso ogni anno perdono pezzi. Decine di professionisti da anni impiegati sul 118 e sulle ambulanze e nei pronto soccorso, lasciano e scelgono di tornare nelle retrovie o negli studi della medicina di famiglia e nell’area della Continuità assistenziale.
LE RETI DELL’EMERGENZA
L’emergenza riguarda tutte le regioni e i servizi si prima linea, quelli comunemente considerati salvavita, sono ormai a rischio per la sicurezza di operatori e pazienti. Ritmi di lavoro insostenibili, turni disumani, burn out, stress cronico, aggressioni, paghe inadeguate, impossibilità di lavorare in regime privato, niente riposo, vita privata cancellata penalizzano tutti i professionisti sanitari impiegati nel 118 e nei pronto soccorso e sono il presupposto dei concorsi deserti e dello stillicidio delle fughe da questi presidi. Affollamenti, lunghe attese, barelle e reparti che scoppiano si riverbera del resto sulla qualità e funzionalità del servizio e sulla sicurezza di operatori e pazienti.
La filiera delle disfunzioni è lunga e profonda. Fatte salve le situazioni da codice rosso come infarti, ictus, emorragie e gravi traumi su cui la rete dell’emergenza e urgenza dovrebbe concentrare tutte le energie c’è una vasta platea di pazienti cronici, anziani, scompensati, che hanno enormi difficoltà ad ottenere a casa e nei tempi giusti le cure di cui hanno bisogno. Trafile e attese, intoppi e difficoltà e soprattutto esborsi economici spingono inesorabilmente tutti in ospedale. Del resto anche la medicina di famiglia solo per pochi malati riesce ad assicurare tempestivamente una visita a domicilio. Anche questi dottori pochi e sempre più anziani sono oberati di adempimenti burocratici che sottraggono ore all’assistenza. E’ chiaro che le nascenti Case e Ospedali comunità finanziate con i fondi del Pnrr in assenza di investimenti sul personale ma solo su mura e macchinari rischiano di creare solo altri inaccettabili sprechi senza incidere sull’assistenza.
A ciò aggiungiamo la difficoltà di ottenere in tempi rapidi, nei centri pubblici ma anche in quelli privati convenzionati indagini ed analisi di laboratorio ed ecco che la soluzione più facilmente percorribile è sempre quella dell’accesso in ospedale. E così i concorsi e i reclutamenti di medici in aree critiche vanno deserti. Lo scarso appeal per i giovani del lavoro in prima linea segna il disinteresse della politica che da anni non interviene per tamponare l’emorragia e i presidi salvavita del 118 e dei pronto soccorso sono sempre più sguarniti di personale medico qualificato e formato. D’altro canto molti giovani professionisti italiani appena laureati trovano giusta e remuneratissima opportunità all’estero vanificando i costi di una lunga e qualificata formazione in Italia. “La governance universitaria deve essere obbligata ad aprire l’accesso a Medicina e non frenare. Il cosiddetto “numero chiuso” è dovuto esclusivamente alla capacità didattica universitaria, nuocendo gravemente alla sostenibilità del SSN, non garantendo la sostituzione del personale sanitario che va in quiescenza” avverte Stanislao Napolano presidente dell’associazione italiana cure domiciliari.
LE CURE DOMICILIARI
In questo scenario a tinte fosche bisogna prepararsi al peggio e a riforme radicali. E’ chiaro che in una prospettiva di questo genere prendono sempre più corpo le ipotesi di spostare l’asse di intervento del Pnrr sul fronte delle cure domiciliari facendo della residenza dell’assistito il luogo ideale in cui intervenire per erogare cure ai malati cronici, anziani, lungodegenti, affetti da patologia a largo impatto sociale (diabete, ipertensione, dislipidemie, le stesse patologie oncologiche sempre più controllate con terapie a lungo termine) per non parlare delle patologie endocrine, neurologiche, interimistiche ecc con costi bassi e ottimi risultati in termini di salute pubblica.
In questa prospettiva il ruolo delle professioni sanitarie non mediche diventerà centrale. Gli infermieri, i fisioterapisti, i tecnici di radiologia medica, i dietisti, i terapisti occupazionali, igienisti dentali e tutti gli altri profili afferenti ai 19 albi dell’Ordine delle professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e prevenzione come gli stessi Oos per leattività di cura della persona in anziani, cronici e disabili potrebbero diventare la leva determinante per garantire cure a basso costo e ad alto valore aggiunto per un’utenza che troverebbe sempre più risposte adeguate a casa propria anziché affollare un ambulatorio o soprattutto un ospedale la cui sostenibilità, visti i costi energetici fuori controllo, saranno sempre più traballanti. Le cure domiciliari insomma potrebbero tradursi in un risparmio concerto di miliardi di euro anche per il Servizio sanitario nazionale. In questo scenario all’ospedale e ai pronto soccorso resterebbero solo le competenze chirurgiche e per il trattamento di gravi patologie acute che mettono in immediato pericolo di vita il paziente.
LA CARTA DI MATERA
In questo quadro generale pieno di incognite e incertezze si inserisce la proposta progettuale avviata un anno fa e ora matura per un confronto con il nuovo esecutivo, della Carta di Matera per le cure domiciliari. Il momento di sintesi sarà sviluppato del Convegno nazionale in programma nella capitale della cultura del 2021 dal 29 settembre al 1 ottobre prossimi.
“Teniamo molto a evidenziare – aggiunge Napolano, presidente del convegno – che il II evento della Carta di Matera, per la prima volta in Italia affronta in modo particolareggiato il tema delle Cure domiciliari”. Il Comitato tecnico scientifico presieduto da Antonella Guida (direttore di distretto della Asl di Caserta) ha elaborato una bozza disegnando un nuovo modello organizzativo per le Cure Domiciliari che sarà appunto presentato a Matera dove naturalmente si aprirà la discussione finale e l’ufficializzazione del testo che sarà consegnato agli uffici del ministro della Salute del nuovo esecutivo che uscirà dalle urne per un suo recepimento.
“Questo documento – aggiunge Napolano – avrà una valenza superiore ad altri, in quanto frutto dell’esperienza di chi sta in trincea quotidianamente (distretti e cure domiciliari) nell’assicurare le cure e l’assistenza ai pazienti più complessi a cui bisogna garantire la continuità delle cure dall’ospedale al domicilio del malato. Questo significa anche la ricerca di percorsi di presa in carico semplici e veloci, privi di una burocrazia ossessiva e inquisitrice. Bisogna che le Cure domiciliari vengano insomma percepite dai nostri concittadini come una realtà affidabile che offra anche serenità”.
Per i vari aspetti da affrontare l’incontro di Matera deve considerarsi il primo che fa da apripista per gli anni futuri a un punto d’incontro scientifico – organizzativo in cui si apporteranno miglioramenti tecnologici e organizzativi.
Intanto Rocco Giordano, presidente del Centro studi Regione Mezzogiorno Regione Mediterranea Eumed, d’intesa con Antonella Guida, sono impegnati a dare vita alla Società scientifica di Cure Domiciliari la cui presidenza sarà affidata alla stessa Gira che è già impegnata in un percorso di formazione universitario per la realizzazione di corsi di aggiornamento e master in Cure domiciliari nell’ambito del master in management sanitario dell’Università Federico II.
In questa chiave anche il rapporto con le direzioni distrettuali, con le professioni sanitarie dovrà essere rivisto in funzione del ruolo e delle responsabilità che ognuno di queste realtà assistenziali dovrà avere e coprire.
AMAZON
Intanto c’è da tenere d’occhio quanto sta accadendo sul mercato, in particolare la discesa in campo di Amazon che ha messo tra i propri interessi l’offerta di servizi proprio le Cure domiciliari. La major Usa quotata in borsa di Jeff Bezos che offre già oggi ogni sorta di prodotto con rapide consegne a domicilio intende infatti acquisire Signify Health multinazionale texana che già fornisce personale e tecnologie (radiografie e altri servizi) a domicilio. Amazon se riuscirà a vincere la concorrenza di United Health colosso Usa delle assicurazioni mediche che rappresenta anche la più imponente catena di farmacie, potrà dedicarsi a questo nuovo business. Un orizzonte di cui l’Italia, che ha un modello di salute completamente diverso, pubblico e universalistico, garantito dalla Costituzione, dovrà tenere necessariamente conto se vorrà restare al passo.
L’offerta sarà presentata lunedì 5 settembre giorno della festa americana del lavoro e arriva dopo l’acquisizione per 3,9 miliardi di dollari di I Life Health care una catena di cliniche private che hanno sede a San Francisco che fa capire quanto, per la più grande catena al mondo di squisiti on line, il mercato della salute sia diventato centrale nel suo orizzonte di impresa. Della notizia se ne è occupato anche il Wall street Journal facendo tremare la borsa di New York e impennare le quotazioni della società in vendita. Che l’ingresso sul mercato ella salute sia una priorità lo ha recentemente ammesso anche Andy Jassy Ceo di Amazon. Lanciata nel 2017, entrata a Wall Street l’anno scorso con una valutazione iniziale di 24 dollari ad azione Signify offre assistenza a domicilio in collaborazione con il centro medico più vicino al paziente in una rete che coinvolge migliaia di strutture e può contare su una platea di migliaia di professionisti medici e una rete che copre ogni angolo d’America. Che poi dietro questo strumento si nasconda anche la possibilità di acquisire dati sentili di migliaia di persone a cui sono interessate le assicurazioni sanitarie su cui si fonda l’assistenza Usa è quasi un passaggio automatico.
Una iniziativa, quella di Amazon, che va in rotta di collisione con gli gli interessi del welfare tutto pubblico dello Stato italiano che fa irrompere un modello privatistico sul mercato globale della Salute e non fornisce alcune garanzia di qualità del servizio offerto. Quindi Matera 2022 rappresenta un momento di riflessione su di una realtà da costruire e da difendere “da bramosie economiche, che con il Servizio Sanitario Nazionale non hanno nulla a che vedere” conclude Napolano.