E’ ormai assodato che la postura, riflette ciò che siamo e la qualità del nostro rapporto con l’ambiente circostante .
Ma se una persona è ipovedente o non vedente , come si muoverà nello spazio?
Come sarà influenzata la sua postura?
La nostra cultura è costruita a misura di un uomo dotato di specifici organi: la mano, l’occhio, l’orecchio e precise funzioni celebrali.
Tutti i nostri strumenti, ogni la tecnica, segni e simboli sono costruiti per un tipo normale di uomo. Da qui deriva l’illusione di una convergenza, di un passaggio naturale, delle forme naturali in quelle culturali. Quando un paziente è affetto da un difetto nell’organizzazione psicofisiologica, la convergenza si trasforma in una profonda divergenza, in una separazione, in uno scoordinamento tra due linee di sviluppo: naturale e culturale.
A questo punto viene in aiuto l’educazione, che crea una tecnica artificiale, culturale, un sistema speciale di segni e simboli adeguati alle peculiarità dell’organizzazione psicofisiologica del bambino anormale. Siamo abituati al fatto che l’uomo legge con gli occhi e parla con la bocca.
Solo un grandioso esperimento culturale che dimostra che si può leggere con le dita e parlare con la mano, ci rivela tutte le convenzionalità e le mobilità delle forme culturali del comportamento” [Vygotskij, 1986].
Il termine handicap è sempre stato associato erroneamente ad una condizione di minorazione, nella fattispecie a quella visiva. Nell’immaginario collettivo, lo stato di handicap richiama l’idea di un destino inevitabile, a volte caratterizzato da manifestazioni di solidarietà e di pietismo.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), l’handicap rappresenta la condizione di svantaggio vissuta da un individuo, conseguentemente a menomazione o disabilità, che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo atteso per quella persona in base all’età, al sesso ed ai fattori culturali e sociali.
Un danno sensoriale, come la cecità o l’ipovisione, costituisce una menomazione che riduce o impedisce del tutto il funzionamento dell’organo visivo. La disabilità consiste nell’impossibilità, parziale o totale, di utilizzare il canale della visione per interagire con l’ambiente.
L’handicap è dato dalle conseguenze funzionali della disabilità, in altre parole dalle difficoltà che l’ipovedente incontra nell’adempiere al suo ruolo sociale.
E’noto come le caratteristiche della disabilità visiva influiscono sulla qualità della vita di quanti ne sono affetti ed in particolare la compromissione del canale visivo, principalmente utilizzato nelle relazioni interpersonali, determina la necessità che i pazienti attivino risorse alternative; il carattere degenerativo progressivo, potrebbe produrre uno stato di incertezza emotiva che renderebbe difficoltosa la progettualità esistenziale del paziente e dei suoi familiari; l’incidenza sull’eziologia di alcune malattie e la mancanza di chiarezza sulle modalità di trasmissione genetica, potrebbero incidere sulle relazioni interpersonali e familiari.
La maggiore o minore incidenza di queste caratteristiche sulla qualità della vita, dipende da una serie di fattori, fra i quali l’età d’insorgenza della malattia, lo stato di realizzazione sociale, il tipo e la quantità di relazioni interpersonali ed il tipo di personalità dell’ipovedente.
La legge 3 aprile 2001, n.138 “Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici” ha stabilito cinque classi per le minorazioni visive.
Oltre al residuo visivo, viene considerato anche il residuo perimetrico binoculare
CECITA’ TOTALE
Coloro che sono colpiti da totale mancanza di vista in entrambi gli occhi
Coloro che hanno la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto della mano nell’occhio migliore
Coloro che possiedono un residuo perimetrico binoculare inferiore al 3%
CECITA’ PARZIALE
Coloro che possiedono un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con la migliore correzione
Coloro che possiedono un residuo perimetrico binoculare inferiore al 10%.
IPOVISIONE GRAVE
Coloro che possiedono un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con la migliore correzione
Coloro che possiedono un residuo perimetrico binoculare inferiore al 30%.
IPOVISIONE MEDIO-GRAVE
Coloro che possiedono un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con la migliore correzione
Coloro che possiedono un residuo perimetrico binoculare inferiore al 50%.
IPOVISIONE LIEVE
Coloro che possiedono un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con la migliore correzione
Coloro che possiedono un residuo perimetrico binoculare inferiore al 60%.
In base alla causa della minorazione visiva, è possibile individuare diverse categorie di ipovisione, a cui corrisponderanno diverse tipologie di handicap e necessità riabilitative.
In modo schematico si possono distinguere:
- deficit della visione centrale: caratterizzato da scarsa acuità visiva che influenza negativamente la lettura, la scrittura e il riconoscimento dei volti e dei dettagli, non associata a significative alterazioni della capacità visiva periferica;
- deficit della visione periferica: caratterizzato da alterazioni del campo visivo periferico (visione laterale), difficoltà della visione in condizioni mesopiche/scotopiche (scarsa luminosità) con marcata difficoltà nell’orientamento e della mobilità, non associato a riduzioni marcate dell’acuità visiva centrale;
- deficit visivo generalizzato: caratterizzato da alterazioni della visione centrale e della visione periferica.
Le principali cause di deficit della visione centrale sono la degenerazione maculare legata all’età, la miopia degenerativa elevata, la neurite ottica, la toxoplasmosi oculare, la malattia di Stargardt, la distrofia tipo cone-rod, etc.
Invece, le principali condizioni che causano una maggior compromissione della visione periferica sono le degenerazioni tapeto-retiniche, la più comune delle quali è la retinite pigmentosa, la neuropatia ottica glaucomatosa in stadio avanzato, le patologie neuroftalmologiche di varia origine, etc.
I non vedenti a causa della loro condizione assumono quasi sempre posture di difesa e auto-protezione che conferiscono una generale rigidità nel movimento e una respirazione trattenuta. Ovviamente in un ambiente familiare si muovono normalmente con tranquillità, ma nell’ambiente esterno manifestano una certa insicurezza che li portano a muoversi nello spazio con ansia. Questo provoca un blocco diaframmatico e di conseguenza una respirazione troppo alta, corta e veloce. Tutta la muscolatura scheletrica di riflesso si contrae.
Il corpo appare chiuso volendo comunicare il messaggio di stare da soli. La rigidità corporea parte dal collo fino ad arrivare agli arti inferiori. La pancia sovente in dentro, la schiena propensa leggermente in avanti.
Il passo assume un andamento cadenzato e lento, a volte con la punta dei piedi rivolta verso l’interno.
Il portare le mani avanti, il mantenere le spalle sollevate a lungo, l’avere una deambulazione incerta e tesa sono da interpretarsi semplicemente come la conseguenza diretta di una respirazione trattenuta.
Modificando la postura cambia non solo il nostro corpo, ma anche il rapporto con quanto ci circonda.
Il miglioramento della mobilità articolare e l’apprendimento delle tecniche posturali di base concorrono a sciogliere le tensioni muscolari e tendinee che irrigidiscono e bloccano le articolazioni. Bisognerebbe quindi educare la propria respirazione attraverso esercizi che prevedono la consapevolezza del respiro , la sua relazione con lo stato di tensione e ansia, sbloccare il diaframma.
A livello posturale tecniche che prevedono mobilizzazione della colonna vertebrale, mobilizzazione articolare generale, stabilizzazione muscolare generale, esercizi di relazione con l’altro.
In questo modo è possibile ristabilire l’equilibrio perduto fra le catene muscolari e in definitiva una buona postura.
Il camminare, lo stare in piedi, ogni azione quotidiana diventa più fluida e il non vedente si sente a suo agio dentro il proprio corpo.
La benda rossa che lega le teste non sta a significare soltanto ” occhi bendati” , ma due persone che condividono una realtà che li fa camminare insieme grazie ad un fil rouge che li unisce. Perchè non si vede soltanto con gli occhi…
Bibliografia
Agliata G. Le afferenze posturali, AbbiAbbè Edizioni, 2010
Lev S. Vygotskij ; introduzione e cura di Luciano Mecacci. – Roma : Editori riuniti, 1986