Calabria, Campania, Abruzzo, Molise, Puglia e Sicilia sono nell’ordine le regioni italiane in cui si registrano, in base a un panel di indicatori precostituiti, le peggiori performance riferite alle tutele sociosanitarie, ossia le azioni e i servizi che incidono non solo sui livelli essenziali di assistenza (Lea) ma anche dei livelli essenziali di assistenza sociosanitaria. Un quadro a tinte fosche dipinto dall’ultimo rapporto Crea Sanità, giunto alla decima edizione X edizione relativa al progetto “Le Performance Regionali”.
Un report da cui si evince che quasi il 30 per cento delle compagini locali non riesce ad agguantare un livello minimo di servizi. Attenzione, come è stato sottolineato da più parti non è solo un giudizio sull’operato delle Regioni ma sono coinvolti a pieno titolo i Comuni che sono appunto responsabili dei servissi sociali locali e dunque uno scenario diverso da quello raccontato ad esempio con i Lea. Uno strumento insomma per valutare un aspetto delle performance del sistema sanitario e delle sue prospettive declinate al futuro che però in questi giorni ha alimentato un dibattito fra gli addetti ai lavori e cittadini.
“Il quadro è ovviamente molto critico e che il Sud paghi pegno per una difficoltà di accesso non più tanto o non soltanto sul piano dell’accesso ai servizi sanitari e di cura quanto anche e soprattutto relativamente alle funzioni delle cure e servizi di prossimità è un dato di fatto su cui il nostro Ordine – avverte Teresa Calandra, presidente nazionale dell’Ordine delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e prevenzione – si sta battendo da tempo soprattutto per valorizzare la funzione svolta in questo ambito dalla 19 professioni che rappresentiamo dal 2018 anno di nascita del nostro ente di autogoverno delle professioni”.
Se dunque il rapporto “Crea Sanità” non è l’unico elemento con cui misurare e valutare la qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane è però un prezioso elemento per prendere in considerazione alcuni parametri cruciali per valutare la camacità dei luoghi in cui i cittadini risiedono di garantire l’accesso ai servizi sociali come anche la capacità di impiego dei fondi per l’integrazione sociosanitaria (quanti comuni anziché fornire servizi ad anziani e disabili organizzano sagre?)e in generale la percezione che il singolo cittadino ha di fronte a difficoltà inevase e servizi mancati o non appropriati al fabbisogno.
La griglia di valutazione del rapporto Crea passa per alcuni indicatori di varia natura, vediamo quali sono: le preferenze sono rappresentata dalla media delle valutazioni espressa da addetti ai lavori del sistema, appartenenti a 107 esperti di varie categorie, innanzitutto gli Utenti, poi quelli di natura istituzionale, quindi quelli delle Professioni sanitarie, e poi pescati nell’area del Management aziendale e dell’Industria medicale mentre le categorie sondate sono quelle della Appropriatezza, Economico-Finanziaria, Equità (di accesso), Esiti, Innovazione e Sociale. Nel 2022 le preferenze sono state elicitate con il contributo di un Panel di esperti/stakeholder composto da 107 esperti.

Le migliori regioni emergenti su tutti i parametri risultano il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia la provincia autonoma di Trento e Bolzano, l’Umbria, il Friuli e la provincia autonoma di Bolzano. Galleggiano a metà del guado la Sardegna, il Piemonte, la Valle D’Aosta, le Marche, la Liguria, il Lazio e la Basilicata.
Anche in questo caso come accade per i criteri di riparto del fondo sanitario nazionale salta agli occhi la quasi diretta proporzionalità tra livello dei servizi così misurati e le risorse assegnate che spesso rispondono alla spesa storica o alla già esistenza di servizio sociosanitari che vengono adeguatamente finanziati senza invece contare la necessità di investire dove mancano. Basti pensare agli sili nido, alle strutture di assistenza ai disabili, i fondi per gli assegni di cura ai disabili.
Dal rapporto emerge dunque che in Emilia Romagna e Veneto i cittadini accedono alla migliore assistenza, sia sanitaria che sociale. Esattamente il contrario si può dire di chi risiede nella Regione Calabria che in qualunque analisi finisce sempre in coda.
In questa annualità si è, in particolare, voluto consolidare l’estensione della valutazione alla dimensione Sociale, anche con la partecipazione nell’Expert Panel di rappresentanti degli Enti locali, in ossequio alla crescente consapevolezza della relazione inscindibile tra Sanità e Sociale, e del ruolo che, in tale ottica, spetta agli Enti Locali (in primis i Comuni) nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Nel ranking le Regioni oscillano da un massimo punteggio di Performance del 54% (fatto 100% il risultato massimo raggiungibile) ad un minimo del 24%.
Rispetto ai criteri adottati in questa edizione edita nel post pandemia rispetto al passato è stato messo da parte e fortemente ridimensionato il peso associato al parametro dell’Equità e degli Esiti così come anche è stato reso marginale il peso della Dimensione Economico-finanziaria mentre è stata data maggiore centralità alla Appropriatezza e Innovazione in vista, evidentemente della prospettiva offerta dalla Riforma in fieri del Servizio sanitario a seguito degli investimenti previsti legati al postpandemia ed anche alla centralità organizzativa assunta dalle funzioni relative alla profilassi e presa in carico di anziani e popolazione fragile, basti pensare al piano vaccini, alla rete della medicina di famiglia, al ruolo assunto dalle Usca, a quella della farmacia dei servizi sempre in chiave di innovazione tecnologica.
Insomma un’analisi che realizza una fotografia in una fase di passaggio del nostro servizio sanitario nazionale in cui è probabile presto, di certo nell’arco dei prossimi tre anni, assumeranno rilevanza e centralità altri parametri senza i quali sarà impossibile misurare le performance. Basti pensare al ruolo che avranno le Case e ospedali di Comunità che potranno essere funzionali solo con una ossatura di personale adeguato che allo stato attuale manca e a ruolo attribuito non tanto ai medici e agli infermieri quanto anche a tutte le altre professioni sanitarie che nell’ambito di un rapporto di prossimità con il cittadino utente giocheranno un ruolo centrale soprattutto nell’ambito della prossimità delle cure e dunque a domicilio del paziente da considerare, appunto, il primo luogo di cura sociosanitaria dell’utente.
In questo prossimo futuro dunque emergerà la necessità di trovare modi e tempi, metodologie e strumenti adeguati per monitorare, ad esempio, l’efficacia e l’efficienza delle nascenti centrali operative territoriali progettate in un rapporto di 1 ogni 50 mila abitanti che pare sufficiente per esaudire tutte le necessità ma affidate alla sola cura di infermieri laddove queste strutture si configureranno di complessità pari a una direzione sanitaria di distretto con una serie di incombenze e richieste che rimanderanno inevitabilmente a una funzione multidisciplinare che allo stato non è nemmeno concepita.
Analogamente sarà necessario monitorare la capienza del Fondo sociale europeo esteso anche alle funzioni sociali e sanitarie erogate in strutture private accreditate.
Infine, ma non ultimo, c’è il tema delle cure domiciliari dove non si ha ancora idea di quali figure professionali formare all’n crocio col profondo mutamento della struttura e stratificazione della società che vede sempre più persone anziane e sole. Un PNRR dunque non soltanto da monitorare per la capacità di spesa dei fondi nel piatto ma nella sua essenza e distillato rispetto al fatto della funzionalità, dell’assolvimento di bisogni della popolazione, di investimenti utili e necessari scongiurando, invece, la trappola delle vuote mura eternamente in ginocchio o delle macchine lasciate imballate e senza tecnici capaci di farle funzionare, in una parola in uno scenario generale in cui alla spesa dei fondi potrebbe, come spesso accaduto nella storia, conseguire uno scarso o nullo miglioramento di efficienza e efficacia dei servizi vanificando un progetto di miglioramento del Welfare sociale e sociosanitario italiano.