Bolletta energetica, esiti della pandemia, inflazione, aumenti record delle materie prime stanno mettendo in ginocchio non solo famiglie e imprese del tessuto sociale ed economico italiano ma anche il comparto tutta la filiera dell’indotto del sistema Salute. Al netto del miliardo e mezzo di ripiani di extra costi stanziati dal governo con il decreto aiuti ter per sostenere Asl e ospedali sul comparto dei dispositivi medici si abbattono ora non solo i costi di produzioni alle stelle ma anche la scure dei tagli del pay-back.
Confindustria dispositivi medici, che rappresenta le aziende produttrici e distributrici di tecnologie per la salute, lancia l’allarme: “Il decreto Aiuti bis impone alle imprese produttrici di dispositivi medici una tassa di oltre due miliardi di euro. Un macigno che rischia di affossare il comparto, non sostenibile peraltro in una congiuntura epocale e in un guado che potrebbe imboccare una strada senza uscite. “Una norma iniqua che piomba sul comparto nel momento peggiore”.
Pandemia, guerra, crisi energetica e delle materie prime stanno già mettendo a dura prova la tenuta del comparto dei dispositivi medici che conta in Italia 4.546 imprese e occupa 112.534 addetti, protagonista della prima fase della pandemia da Coronavirus, e fondamentale nel rilancio della sanità pubblica e privata.
IL PAY BACK
Ma andiamo con ordine e vediamo di cosa si tratta: il meccanismo del Pay back è già sperimentato in ambito farmaceutico e determina, al superamento dei tetti di spesa delle regioni una ripiano a carico dei produttori.
In ambito farmaceutico questo meccanismo è stato introdotto in Italia nel 2007 dalla Finanziaria di quell’anno (legge 27 dicembre 2006, n. 296, pay-back 5%) e consente alle aziende farmaceutiche di chiedere ad Aifa la sospensione della riduzione del prezzo del 5% per le specialità medicinali di cui esse sono titolari, dietro versamento (pay-back) del relativo controvalore su appositi conti correnti indicati dalle Regioni. Il meccanismo consente di girare alle Regioni risorse economiche da parte dei produttori a sostegno della spesa farmaceutica e contemporaneamente consente il contenimento e il controllo dei consumi entro i tetti di spesa.
In pratica alle Regioni in deficit viene devoluto il ricavo della deroga alla riduzione del 5% sul prezzo al pubblico comprensivo di IVA dei farmaci rimborsabili dal Ssn.
Esiste un secondo sistema di pay-back per la farmaceutica ancorato all’1,83% ed è stato introdotto col Decreto Legislativo 78/2010 convertito con modificazioni nella Legge 30 luglio 2010 e poi dalla Legge 26 febbraio 2011.
Questa seconda modalità di pay-back prevede che le aziende versino alle Regioni una fetta degli importi ricavati dall’1,83% del prezzo di vendita al pubblico dei medicinali di propria produzione e a carico del Servizio sanitario nazionale erogati in regime di convenzione.
In pratica con questa modalità viene ripianta l’eccedenza della spesa di un medicinale da parte del produttore e dal 2012 è stato esteso anche al settore ospedaliero (anche quelli dispensati in farmacia). Detto in parole semplici il meccanismo prevede che, in caso di superamento del tetto della spesa farmaceutica a livello nazionale, le aziende debbano ripianare l’eccedenza tramite versamenti alle Regioni del riparto degli importi attribuiti da AIFA e spettanti ad ogni singola azienda.
Questo sistema faceva gravare il ripiano sulle aziende farmaceutiche in misura direttamente correlata al loro contributo di ciascuna allo sfondamento del tetto. Più di recente, la Finanziaria del 2019, ha semplificato tutto il processo e non più ancorato i ripiani alle singole aziende.
I DISPOSITIVI ELETTROMEDICALI
Nell’ambito dei dispositivi elettromedicali il sistema di tassazione del payback è stato concepito nel 2013 ma finora mai applicato. Con il decreto “Aiuti bis” dell’attuale esecutivo, tuttavia, il sistema di compartecipazione delle imprese allo sforamento dei tetti di spesa delle Regioni in questo settore obbliga l’industria del settore a un esborso di oltre 2 miliardi.
Un colpo che, in questa congiuntura, secondo Confindustria, potrebbe rivelarsi esiziale. Il comparto dei dispositivi medici conta in Italia 4.546 imprese e occupa 112.534 addetti, protagonista della prima fase della pandemia da Coronavirus, e fondamentale nel rilancio della sanità pubblica e privata.
IL DECRETO AIUTI BIS
Col decreto “Aiuti bis” una tassa di oltre 2 miliardi di euro viene dunque imposta alle aziende italiane produttrici di dispositivi medici. Un peso insostenibile per le aziende della salute, figlio di una norma iniqua che piomba sul comparto nel momento peggiore”. La denuncia arriva dall’associazione di categoria Confindustria Dispositivi Medici, che rappresenta le imprese produttrici e distributrici di tecnologie per la salute, in un appello pubblicato oggi sulle pagine dei principali quotidiani.
Il sistema di tassazione del payback, pensato oltre otto anni fa e mai applicato, è stato infatti inserito del decreto legge “Aiuti bis”, che, con l’articolo 18, definisce le regole per l’applicazione di un sistema di compartecipazione delle imprese allo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria e obbliga l’industria del settore a un esborso di oltre 2 miliardi.
“Davanti alla necessità delle regioni di ripianare le spese dovute al Covid, col decreto ‘Aiuti bis’ si decide di applicare una misura che colpisce pesantemente un comparto strategico per il Paese che ha la responsabilità di produrre salute e non può permettersi di interrompere il pubblico servizio privando le strutture sanitarie degli oltre 1,5 milioni di tecnologie essenziali per la diagnosi, la cura e la riabilitazione delle persone.
Il payback grava sulle aziende in un momento già drammatico per la nostra economia e contribuisce a creare un clima di insicurezza che impatta sull’innovazione e sugli investimenti. Le aziende che hanno negli anni partecipato a gare in cui sono stati definiti prezzi e quantità, dopo quasi 10 anni si vedono richiesta una contribuzione del 50% dello sforamento della spesa regionale, di cui non hanno responsabilità. Un colpo che mette a rischio la sopravvivenza delle imprese e le forniture del servizio sanitario”, spiega il Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti.