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Il sonno in ospedale: come migliorarne la qualità durante la degenza

Sono anni che la scienza si interroga sui misteri del sonno ed è scientificamente provato che dormire bene e il giusto numero di ore è indispensabile per ridurre lo stress, per mantenere viva la concentrazione e conservare la memoria. Il sonno, infatti, indica uno stato di riposo fisico e psichico opposto alla veglia coinvolgendo sia il sistema nervoso centrale che il sistema nervoso autonomo. Durante il sonno, quando il corpo riposa ed è distaccato temporalmente sia dalla coscienza che dalla volontà, il cervello si rigenera, offre sogni, lavora sulle connessioni cerebrali, rafforza i ricordi e fa ‘’pulizia’’.

Il World Association of Sleep Medicine sostiene che il 45% della popolazione mondiale soffre di disturbi del sonno; in termini di impatto mondiale l’insonnia, ovvero la difficoltà di addormentarsi e di avere un sonno continuo e ristoratore, è classificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come l’undicesimo disturbo cerebrale.

Esistono diversi disturbi del sonno, che sono suddivisi come segue:

  • le insonnie sono caratterizzate dalla difficoltà di addormentarsi o dall’incapacità di riuscire ad addormentarsi durante la notte;
  • le parasonnie sono alterazioni comportamentali della persona, quali il bruxismo o il sonnambulismo;
  • le ipersonnie sono un eccesso di sonno, in quanto la persona tenderà ad addormentarsi spesso anche durante l’arco della giornata;
  • il russamento e l’apnea sono simili tra loro, ma non uguali: il russamento è dato da un indebolimento dei muscoli, che sono rilassati e con il passaggio dell’aria tendono a vibrare, creando rumore, discomfort e stress alla persona e a chi la circonda; l’apnea, invece, è una sensazione breve di soffocamento che avviene quando c’è un peggioramento del russamento.

In Italia l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità riporta che 12 milioni di Italiani ha difficoltà con il sonno, 1 Italiano su 7 dorme male, 3 su 10 dormono troppo poco e il 25-35% della popolazione assume saltuariamente farmaci per la cura dell’insonnia, che diviene ad essere così non solo una patologia della notte ma delle 24 ore: chi dorme poco e male non ha i livelli di attenzione e di vigilanza adeguate e neppure la capacità di compiere scelte e decisioni corrette durante il giorno.

Perché si dorme poco o male? Per il 45% la prima causa è sicuramente lo stress, a cui si associano cattive abitudini quali l’utilizzo del cellulare a letto, abitudine consolidata nel 70% degli Italiani. Anche quando i disturbi del sonno creano un vero disagio, sono pochi ad  intervenire: solo il 6% degli Italiani utilizza uno strumento per monitorare il proprio sonno e solo il 7% consulta uno specialista.

E in ospedale cosa accade? Il sonno in ospedale è alterato da tanti fattori: rumore, malattia, farmaci e dolore;

  • Fattori legati al rumore: il rumore provocato dal personale sanitario o dai degenti presenti;
  • Fattori legati al paziente: la malattia è una percezione della persona, che provoca ansia e quindi incapacità di addormentarsi, a cui si aggiunge il dolore che è una sensazione soggettiva che altera il sonno, nonostante l’assunzione della terapia;
  • Fattori legati alla terapia: i farmaci, come le benzodiazepine o più comunemente gli ipnotici sedativi, se abusati, possono creare un effetto paradosso e far sì che la persona, soprattutto l’anziano, non riesca ad addormentarsi;
  • Fattori legati all’ambiente: la luce, la temperatura della stanza, l’ambiente non familiare e le frequenti interruzioni notturne per il monitoraggio e la somministrazione dei farmaci.

Secondo gli studi sulla qualità del sonno, le cause più frequenti di alterazione del sonno sono i rumori che alterano lo stato della persona, l’uso della terapia farmacologica, i disturbi del sonno già precedenti al ricovero, il non rispetto delle abitudini e dell’autonomia da parte degli operatori presenti, la presenza di più posti letto in una stanza, la diversità di età o anche di patologie, che possono portare a scompenso della persona, poca attenzione agli orari di esposizione di luce, di buio durante il ricovero, sensazione di discomfort a letto.

Tutto questo crea un’alterazione del modello sonno/riposo e il sonno in ospedale risulta compromesso e diverso da quello abituale in quanto a durata e tempi di addormentamento. Gli stessi pazienti, che a casa riferivano di dormire bene, manifestano disturbi del sonno quando sono ricoverati in ospedale e una buona parte di loro è insoddisfatta del riposo notturno e una frammentazione dello stesso.

Quali possono essere, allora, gli interventi utili per migliorare la qualità del sonno? L’utilizzo di farmaci non ipnotici, l’agopuntura, i massaggi, l’aromaterapia, la musicoterapia, la riduzione dei rumori durante i lavori di routine notturni da parte del personale, il mantenimento di un regolare orario di luce e di buio, la presenza di un caregiver per le persone anziane per il mantenimento di abitudini pregresse.

L’assistenza infermieristica notturna differisce da quella diurna perché ha lo scopo di offrire l’ambiente migliore per il sonno del paziente, promuovendo il comfort e la tranquillità. In ambito ospedaliero, la qualità del sonno sarebbe molto da migliorare, sensibilizzando il personale infermieristico sul sonno dei degenti, proponendo interventi per la gestione ambientale e promuovendo l’igiene del sonno e maggiori monitoraggio e gestione del sonno. Perché dormire bene significa vivere meglio.

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