Introduzione
La diagnosi di SLA, a causa delle conseguenze che la patologia può determinare in un periodo limitato di tempo, determina nella persona affetta una perdita graduale – oltre che delle sue abilità motorie – della qualità di vita e un senso di timore di quel che sarà il suo avvenire. Nonostante la ricerca abbia fatto passi da gigante, per i pazienti affetti da SLA non è ancora disponibile un farmaco che permetta la cura della malattia, modificandone significativamente il decorso. Nel caso del Tofersen, il farmaco non è definito come la “cura” definitiva della malattia, ma come un trattamento in grado di determinare un rallentamento della sua evoluzione e delle sue complicanze. Grazie allo studio VALOR, infatti, è stato possibile evidenziare dei miglioramenti riguardanti la compromissione motoria e la funzionalità respiratoria. Nello specifico, grazie alla somministrazione nei pazienti con SLA familiare associata a mutazione del gene SOD1, sono evoluti più lentamente punteggi delle scale di valutazione ALSFRS-R e MRC. Sono state inoltre osservate riduzioni della proteina SOD1 totale e dei neurofilamenti nel liquor, laddove questi ultimi rappresentano importanti marcatori associati al danno assonale e alla neurodegenerazione. Questo studio ha dunque permesso un approccio differente al paziente – anche da parte dell’infermiere che lo assiste – dalla fase diagnostica a quella del trattamento, che prevede appunto le procedure legate alla puntura lombare terapeutica. Si tratta, dunque, di un cambiamento di prospettiva terapeutica che segna l’inizio di una speranza per i pazienti affetti da SLA, iniziando da quelli con mutazione del gene SOD1.
Obiettivo
Evidenziare l’efficacia del suddetto farmaco, con miglioramenti sulla progressione dei sintomi e sulla qualità di vita del paziente, nonché mettere in rilievo il ruolo dell’infermiere nel processo diagnostico e terapeutico. L’analisi presentata in questo lavoro di tesi vuole anche essere un messaggio di speranza per chi lotta ogni giorno per difendere il bene più prezioso che è la vita.
Materiali e Metodi
Il campione preso in esame è costituito da quattro pazienti affetti da SLA familiare, con mutazione del gene SOD1 accertata da analisi genetica, in cura presso la Prima Divisione di Neurologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli. Di questi quattro soggetti, uno ha partecipato solo alla prima somministrazione, abbandonando lo studio per l’insorgere di una severa reazione post-puntoria. Il decorso clinico, nei 4 casi selezionati, era tipico di forme di malattia a lenta progressione (slower progressors). Tre pazienti, appartenenti allo stesso pedigree, presentavano mutazione del gene SOD1 I150T, mentre una paziente presentava, in omozigosi, mutazione D91A.
Prima di procedere, i partecipanti hanno fornito il loro consenso all’adesione al programma di terapia per uso compassionevole del Tofersen e sono stati informati sugli obiettivi della ricerca. L’analisi riguardava due tipologie di informazioni:
- Caratteristiche inerenti la patologia (fenotipo di malattia, età di diagnosi, sintomi);
- Punteggi ottenuti alla visita generale e neurologica e riguardanti la spirometria (FVC) che permette di valutare la funzionalità respiratoria del paziente, la scala Amyotrophic Lateral Sclerosis Functional Rating Scale-revised (ALSFRS-R) che valuta la progressione della disabilità nei vari distretti corporei, la scala Medical Research Council (MRC) la quale valuta la forza muscolare nei vari distretti muscolari e la scala Upper Motor Neuron score (UMN) che va a valutare segni di compromissione di primo motoneurone.
L’analisi statistica è stata condotta usando il programma Microsoft Excel. Numeri assoluti, frequenze e percentuali sono stati utilizzati per descrivere le variabili categoriali. Mettere a confronto i punteggi ottenuti in ogni scala di valutazione ad ogni visita neurologica ha permesso di evidenziare e mettere in risalto i miglioramenti ottenuti dopo ogni somministrazione.
Risultati
Esaminando la prima parte dei dati, nello specifico le caratteristiche anagrafiche e quelle riguardanti la mutazione specifica dei partecipanti, riportate in Tabella 1, il campione è suddiviso in 3 soggetti di sesso femminile e 1 di sesso maschile, con una età media pari a 55.2 anni. Per quanto concerne invece la mutazione specifica riguardante la patologia, è stato evidenziato che 3 dei pazienti presentavano la mutazione SOD1 con sostituzione nucleotidica c.449T > C di cui 2 appartenenti allo stesso pedigree, mentre 1 paziente presentava la mutazione p.Asp91Ala (sostituzione nucleotidica c.272A > C) in omozigosi nel gene SOD1.
La seconda parte dello studio, invece, ha analizzato quanto la somministrazione del farmaco Tofersen ha permesso la stabilizzazione delle scale di valutazione utilizzate durante la visita neurologica effettuata prima di ogni somministrazione, per 9 somministrazioni (3 riguardanti la dose di carico e 6 di mantenimento, nei 6 mesi successivi). Nello specifico, dalla FVC mettiamo in risalto il punteggio ottenuto dalla paziente OM che è stato quasi in tutte le somministrazioni del 120% circa. Dalla scala ALSFRS-R mettiamo in evidenza il punteggio ottenuto dalla paziente CG che è stato in tutte le somministrazioni di 36. Dalla scala UMN evidenziamo i risultati della paziente SA, la quale ha ottenuto un valore di 8-9 circa in ogni somministrazione. Infine, dalla scala MRC è da evidenziare il valore ottenuto dalla paziente OM, il quale è pari a 57/60 in ogni somministrazione.
Conclusioni
Nel presente studio è stato evidenziato come la partecipazione e l’accesso al programma di trattamento con il farmaco Tofersen ad uso compassionevole abbiano rallentato il progredire della patologia stessa e l’insorgenza di eventi avversi/complicanze significative.
Il campione ha ottenuto buoni risultati per quanto concerne il mantenimento della forza/abilità motoria, soprattutto durante azioni di vita quotidiana che erano impattate prima della terapia. I valori delle scale di valutazioni di questi 3 pazienti hanno mantenuto un livello costante, evidenziando una ridotta progressione della patologia stessa. Inoltre, dall’esperienza presso la Prima Divisione di Neurologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli è emerso che i pazienti hanno mostrato stima e soddisfazione nei confronti dei servizi erogati, nonostante le difficoltà logistiche determinate dalle restrizioni causate dal Covid–19. La suddetta esperienza ha permesso di mettere in risalto l’importanza della figura dell’infermiere nella gestione del paziente durante la procedura e durante i successivi monitoraggi. L’équipe è stata in grado di supportare costantemente i pazienti, dando loro adeguate informazioni riguardo la nuova terapia in fase sperimentale e tranquillizzandoli con la giusta empatia soprattutto nei momenti di sconforto dovuti al dolore della procedura. Il presente studio non è esente da limiti. Nonostante gli ottimi risultati ottenuti, questi non sono generalizzabili a tutti i pazienti con SLA essendo uno studio rivolto ai soli pazienti con mutazione del gene SOD1. I dati riportati sono pertanto applicabili soltanto ai pazienti affetti da SLA con mutazioni SOD1.
Tutto ciò rappresenta un cambiamento di prospettiva terapeutica che segna l’inizio di una battaglia per i pazienti affetti da SLA, iniziando da quelli con mutazione del gene SOD1.