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I pazienti i più esperti delle proprie patologie. L’innovazione della ricerca clinica

A partire dal 2019 anche in Italia si è affermata la figura del Paziente Esperto, certificato EUPATI (European Patients Terpautic Innovation). Il Paziente Esperto rappresenta una grande innovazione nell’ambito delle procedure cliniche dal momento che consente di considerare l’esperienza come un elemento fondamentale per contribuire ad aiutare sempre più pazienti coinvolti in un percorso diagnostico terapeutico. Inoltre, è un significativo passo in avanti verso l’umanizzazione delle cure, nonché un metodo originale di formazione continua anche per medici e professionisti sanitari.

Il primo a parlare di Paziente Esperto è stato il prof. David Tucket, dell’università di Cambridge. Nel 1985, Tucket aveva notato che le cure mediche sarebbero risultate di gran lunga più efficaci se i medici avessero considerato i pazienti come i veri esperti delle proprie patologie. In effetti, sosteneva Tucket, il paziente era in grado di aggiungere di proprio alla diagnosi medica la percezione del male di cui è affetto e i cambiamenti registrati nel corso delle terapie; il tutto, chiaramente, in stretta correlazione con il medico, le sue competenze specifiche e, in genere, quelle degli altri professionisti sanitari coinvolti.

Ma cosa intende l’EUPATI per Paziente Esperto? Paola Kruger, Paziente Esperto EUPATI, ha illustrato la nuova figura del Paziente Esperto durante il Convegno Scientifico “Light on Perspective”. La Kruger ha spiegato che il Paziente Esperto è un paziente formato, a livello europeo, sul processo di ricerca e sviluppo dei farmaci che è professionalizzato e in grado di lavorare in sinergia con gli altri pazienti focalizzati su malattie specifiche. L’interesse comune è che la voce del paziente sia ascoltata, riconosciuta e presa come punto di riferimento. In quest’ottica, la formazione e la conoscenza sono fondamentali per la partecipazione attiva dei pazienti e per la loro collaborazione con clinici e aziende farmaceutiche.

Dal 2012 è stato introdotto un programma europeo, EUPATI-Organizzazione non lucrativa di utilità sociale, nato con lo scopo di sensibilizzare sulla formazione di pazienti esperti nell’ambito della ricerca e dello sviluppo dei farmaci. Per ricevere il diploma di Paziente Esperto certificato da EUPATI bisogna, infatti, seguire un corso di 14 mesi, al termine del quale si acquisiscono informazioni di ogni genere, a partire dalla conoscenza di aspetti tecnico-scientifici per lo studio di nuove terapie, fino ad aspetti più burocratici e regolatori, circa l’immissione dei farmaci sul mercato. Il corso era originariamente tenuto in lingua inglese, ma partire dal 2016 è disponibile anche in italiano. In effetti, nel 2014, nasce a Roma l’Accademia del Paziente Esperto EUPATI con l’obiettivo di offrire una formazione altamente qualificata nell’ambito della ricerca e dello sviluppo dei farmaci e di tutte le innovazioni terapeutiche.

Il corso offerto è di scadenza annuale: esso punta, in accordo con gli obiettivi perseguiti dal progetto europeo, a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di formare pazienti e caregiver, coinvolgendoli attivamente nella gestione della salute propria e altrui.
Gli argomenti affrontati nei corsi di formazione EUPATI si dividono in sei moduli complessivi che comprendono:
• la scoperta dei farmaci
• la pianificazione del loro sviluppo
• le verifiche precliniche e le sperimentazioni cliniche
• le questioni regolatorie
• la sicurezza dei medicinali e la farmacovigilanza
• la farmacoeconomia e la valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA)

Si tratta di argomenti complessi ma fondamentali per comprendere fino in fondo come avviene il processo di sviluppo e approvazione di nuove terapie. Oltre al corso online, i partecipanti sono chiamati a partecipare a convegni per lezioni didattiche, approfondimenti ed esercitazioni pratiche. Al termine di questo percorso, il Paziente Esperto non solo ha l’esperienza di una patologia cronica ma si ritrova anche l’expertise tecnica e il linguaggio scientifico necessari per poter intervenire concretamente.

Il Paziente Esperto viene coinvolto nell’ambito della ricerca clinica, intervenendo in tutti i momenti salienti del percorso di Ricerca e Sviluppo: l’obiettivo è coinvolgere attivamente i pazienti per un confronto costante e produttivo con gli enti decisionali. La parte iniziale, nonché la più importante, consiste nel quesito di ricerca: si tratta di quella fase che aiuta a capire la direzione da seguire per realizzare il progetto di ricerca. L’apporto fornito dal Paziente Esperto risulta essere, già in questo momento, di importanza fondamentale per fare in modo che l’obiettivo di medici e pazienti coincidano.

Alla prima fase di ricerca clinica segue la definizione del protocollo: il Paziente Esperto concorda, affiancato dal medico, l’individuazione di obiettivi, non solo clinici, ma anche di qualità della vita e rispondenti alle esigenze specifiche di ciascun paziente. Il Paziente Esperto interviene, inoltre, in tutta la fase di realizzazione dei materiali della ricerca destinati ai pazienti: l’obiettivo finale è assicurarsi che questi siano “a misura” di paziente.

In Italia l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha introdotto un tavolo permanente di consultazione con le Associazioni dei pazienti per garantire un coinvolgimento costante e attivo di tutti i cittadini su tematiche relative al farmaco (accesso, sicurezza, ricerca): ciò consente di prendere in considerazione esperienze reali e competenze che miglioreranno la promozione e la tutela della salute dei cittadini.

Ma, si chiede Rosaria Iardino, Presidente della Fondazione The Bridge, basta essere un’Associazione di pazienti per poter sedere si tavoli istituzionali? In altre parole, le associazioni di pazienti avranno non solo l’arduo compito di supportare i cittadini sul piano politico, ma anche quello di convincere di volta in volta il Paziente Esperto in questione che, per esempio, quel determinato dispositivo medico non è adatto a curare un paziente affetto da diabete. E allora, il Paziente esperto chi rappresenterà davvero, il malato o l’Associazione di cui fa parte? Da chi sarà scelto e con quale criterio?

L’impressione della Iardino è che si stiano formando figure rappresentative dei pazienti che facciano comodo alle istituzioni, le quali potranno evitare di sprecare risorse ed energie indispensabili per garantire percorsi realmente partecipati che permettono di far scegliere, ad esempio, alle Associazioni di pazienti i propri rappresentanti ai tavoli di elaborazione delle politiche sanitarie.

L’augurio è che questo corpo intermedio di Pazienti Esperti reagisca rivendicando il ruolo che gli appartiene e per il quale è stato introdotto. La formazione è sì necessaria, ma è fondamentale anche che essa riguardi individui attivi nelle Associazioni, che abbiano esperienza e che siano davvero in grado di rappresentare quella comunità nella quale hanno operato per anni, condividendone obiettivi, fatiche e speranze.

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