Gli eventi emergenziali come i terremoti, le alluvioni, le migrazioni, le pandemie, oltre a produrre ingentissimi danni economici, ambientali e sanitari, producono conseguenze di carattere sociale, e provocano una serie di effetti primari e secondari sulla salute psicologica della popolazione coinvolta.
Nel caso dell’attuale epidemia dovuta alla diffusione del virus COVID 19, ci troviamo di fronte ad un fenomeno dalle dimensioni globali, una pandemia che sta coinvolgendo milioni di persone in tutto il mondo, creando in molti significativi disagi di carattere psicologico.
Riduzione dei sentimenti di sicurezza.
La particolare situazione di sviluppo dell’epidemia, rapida e a fortissima virulenza, non disgiunta dalla consapevolezza che ad oggi non esiste un vaccino protettivo come anche una cura in grado di interrompere il contagio e curarne gli effetti, produce un particolare sentimento di insicurezza sociale (Beaglehole et al., 2018; Mirowsky et Ross, 2003). Ciascuno percepisce una condizione di vulnerabilità senza difesa, senza distinzione, una minaccia continua, esasperata dal susseguirsi delle informazioni sull’evoluzione della pandemia.
Paura, preoccupazione, ansia.
COVID-19 è un nuovo virus, fino a pochi mesi fa sconosciuto all’umanità. L’incertezza sull’origine del virus, sulla sua pericolosità e letalità e i cambiamenti che si stanno sviluppando portano la maggior parte delle persone a sentirsi preoccupate e spaventate. La reazione immediata alla non conoscenza del pericolo, o meglio all’incapacità di poterlo, in qualche misura, controllare, induce a sentimenti ansiogeni o a sviluppare ansia nei confronti della situazione generale. La preoccupazione, quindi, costituisce la prima reazione al pericolo e finisce con il determinare una serie di ulteriori, possibili disturbi.
Insonnia.
Una ulteriore risposta di carattere psicologico alla particolare situazione di insicurezza derivata dall’espandersi della pandemia si riscontra nell’insorgenza dell’insonnia. Tale particolare condizione trova origine soprattutto nell’aumentata condizione di stress e preoccupazione (Arrol et al., 2012; Drake et al., 2003; Nau et Lichstein, 2005) derivata dalla continua esposizione alle informazioni sulla malattia, sul suo stato evolutivo e sulle possibilità di contagio e connessi provvedimenti di contrasto. L’attivazione di una risposta comportamentale di privazione del sonno costituisce la conseguenza diretta dell’aumento dei momenti di riflessione condizionata, da parte di coloro che si trovano anche, a causa delle restrizioni imposte, ad avere a propria disposizione maggiore tempo libero e più ampi momenti di riflessione.
Individuazione della figura del “capro espiatorio”.
L’origine dell’epidemia trova le proprie radici in un Paese lontano e distante come la Cina e il suo avvicinamento all’Europa è stato caratterizzato da un rincorrersi di incredulità e di allontanamento della minaccia, secondo uno schema psicologico di “evitamento” in funzione del quale “l’evento riguardava qualcuno di diverso da noi” ovvero “interessava altri e non noi”. Come anche si cerca, in presenza dell’attuale particolarissima situazione derivante dal propagarsi della pandemia, di trovare necessariamente un colpevole, che possa consentire di esorcizzare la paura e la consapevolezza dell’impotenza che caratterizza attualmente ogni approccio possibile alla situazione e alla sua gravità.
Aumento del consumo di cibi, tabacco e alcoolici.
Una delle conseguenze principali dello stato di insicurezza e paura connesso all’attuale situazione di pandemia e di specifico contrasto della diffusione del virus COVID 19, attuato attraverso percorsi di restrizione dei contatti pubblici e di “distanziamento sociale”, risiede nell’aumento del consumo di cibi e bevande, anche alcoliche, come anche di quello di tabacco nei soggetti fumatori. Tale particolare reazione (Alexander et al., 2019; Anthenelli et al., 2018; Braun, 2017; Kanehara et al., 2016) appare il risultato dell’alterazione della tranquillità del vissuto, che comporta la ricerca di un diverso momento di compensazione, sovente individuato nella consumazione di cibi, la maggior parte delle volte scelti tra quelli più piacevoli al gusto, e bevande.
Somatizzazione.
In situazioni di particolare incertezza come quella attuale, la somatizzazione è uno dei sintomi maggiormente riscontrabili (Dekel S., Mamon D., Solomon Z., Lanman O., Dishy G. 2016; Steinmetz S.E., Gray M.J., Clapp J.D. 2019) in un ampio segmento di popolazione, che ha paura, è incerta, non si sente rassicurata da ciò che la circonda e dai messaggi quotidianamente veicolati dei mass media e dagli organi di informazione. La somatizzazione della paura, quindi, comporta l’insorgenza di sintomi anche di carattere fisico, che possono essere attribuiti esclusivamente alla ridotta capacità di affrontare situazioni di profondo stress e di timore incontrollabile.
Maggiore uso di medicine.
Un ultimo elemento conseguenziale dello stato di preoccupazione diffuso può essere ricondotto all’aumento del ricorso a misure mediche, come farmaci, para farmaci e erbe officinali (Canan et North, 2020; Park, 2016) da parte della popolazione interessata, nell’errata convinzione che l’epidemia possa essere prevenuta, combattuta, arginata o addirittura sconfitta attraverso l’assunzione di medicinali secondo una propria valutazione, o una valutazione nata sui social da profani in materia. In un contesto in cui la scienza non riesce ad individuare un vaccino o una cura efficace e certificata, l’individuo cerca rifugio nelle proprie conoscenze, o forse meglio sarebbe dire nelle proprie credenze, e ritiene di poter auto-applicare medicamenti che in realtà sarebbero appropriati esclusivamente per alleviare i sintomi di una banale sindrome para-influenzale. Un atteggiamento certamente comprensibile ma del tutto privo di utilità.
Quanto sopra delineato bene evidenzia come la paura e l’incertezza siano in grado di influenzare i pensieri e di conseguenza i comportamenti (Kwan et Walsh, 2017; Egawa et al.., 2018) delle persone e le preoccupazioni che ne derivano vanno dalla sicurezza personale e familiare, all’incapacità di distinguere la nuova patologia da malattie più consolidate e benigne, al potenziale di isolamento e quarantena, alla mancanza di fiducia nell’efficacia dei trattamenti utilizzati e nelle istituzioni responsabili della gestione della risposta.
L’epidemia, quindi, colpisce la struttura sociale e crea un’immensa barriera nei confronti della normalità (Korstanje, 2019), interessando pesantemente anche altri aspetti socio-personali di dimensioni psicologiche e psicosociali.
BIBLIOGRAFIA
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*Psicologa dell’emergenza e psicoterapeuta