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Germi multiresistenti agli antibiotici: situazione peggiorata con il Covid

Antibiotici e resistenze: nuovi modelli di governance ospedaliera
per le molecole innovative, da un accesso razionato a un accesso razionale e appropriato per scongiurare la pandemia prossima ventura. Quella che nel 2050 secondo le proiezioni dell’Oms, vedrà l’esposizione di malattie infettive batteriche non più sensibili ai più innovativi antibiotici conosciuti. Uno scenario di cui si avvertono già i primi sentori. In un focus concotto da Motore Sanità a cui hanno partecipato i principali stakeholders del campo emerge che La pandemia Covid-19 ha amplificato l’epidemia di infezioni da germi multi-resistenti acquisite in ospedale.

Molti dei pazienti con covid-19, specie quelli assistiti in terapia intensiva, sono andati incontro a complicanze infettive gravi, che risulteranno, ad una attenta analisi, la causa ultima che ha determinato l’exitus. Per tentare di arginare questo fenomeno è necessario un approccio globale con schemi di comportamento precisi e condivisi che guidino verso un uso razionale e ragionato della terapia antibiotica evitando la sovraesposizione al trattamento antibiotico che si osserva particolarmente nei pazienti fragili.

Affinché ciò avvenga c’è bisogno di nuovi modelli di governance che coinvolgano sia il paziente/utente finale che tutto il personale medico che si adopera nella cura. Le esperienze condotte anche in altre nazioni vedono l’imporsi dello ‘Stewardship Team’ nel quale confluiscono le esperienze dei diversi soggetti coinvolti nella cura che seguendo accreditate linee guida suggeriscono scelte appropriate non solo riguardo alla gestione ed al successo del singolo caso, ma in grado di garantire il miglior utilizzo delle risorse garantendo un’alta probabilità di successo terapeutico.

Dopo un lungo periodo in cui non è stato possibile contrastare le malattie sostenute da patogeni multi-resistenti per la mancanza di molecole attive, vengono proposti nuovi antibiotici dotati di miglior spettro d’azione il cui uso ad oggi è gravato da alti costi e da limitate indicazioni terapeutiche. Il team di stewardship assume in questo caso un ruolo fondamentale, dettando l’uso appropriato dei nuovi farmaci con valutazione attenta dei dosaggi e dei tempi di somministrazione per garantire la minore pressione di selezione possibile.

LE INFEZIONI DIFFICILI

Le infezioni difficili sono sempre più una criticità in ospedale
e nella comunità. L’insorgenza di germi multi-resistenti è un problema di difficile gestione. Inoltre i pazienti fragili, con numerose patologie sulle spalle hanno un’aumentata incidenza di infezioni sempre più gravi e complesse. I device tecnologici rappresentano una porta d’ingresso e una fonte di infezioni resistenti. I pazienti immuno-depressi, sottoposti a terapie per patologie oncologiche, o per trapianti e altri situazioni patologie sono a rischio di forme infettive aggressive e difficili da trattare.

La definizione, la diagnosi e la gestione della sepsi da antibiotici resistenti necessita di un aggiornamento continuo e di una costante aggiornamento della ricerca i cui investimenti oggi non sono più disponibili. Le infezioni difficili da germi Multiresistenti sono poi orfane di un movimento di opinione e faticano a diventare una priorità per l’opinione pubblica pur essendo già viste come una minaccia dagli operatori sanitari.

ITALIA MAGLIA NERA

L’Italia è maglia nera in Europa e l’abuso degli antibiotici causa epidemie di malattie multiresistenti. Gli esempi di un uso inappropriato degli antibiotici sono innumerevoli: quando nelle famiglie un adulto o un bambino ha la febbre le piccole avanzate di precedenti trattamenti e presenti nei cassetti sono il primo appiglio psicologico per sedare l’ansia e quelle piccole finiranno nel nostro stomaco prima di qualunque consulto medico salvo poi un rinnovo della prescrizione da parte del camice bianco che cede alle richieste del suo assistito.

Si stima che nei prossimi 25 anni una persone persona ogni 3 secondi rischierà la morte a causa di un’infezione multiresistente a tutti i farmaci. Un fenomeno quest’ultimo che si acuisce per ogni ciclo di cura inutile, per ogni uso inappropriato per curare un’infezione virale. Senza contare gli usi massicci anche in acqua coltura e in zootecnia. Quella della antibiotico-resistenza è un’emergenza planetaria ma che riguarda in particolare l’Italia dove il 43 per cento della popolazione nell’ultimo anno ha assunto antibiotici contro una media del 34 per cento in Europa e quasi la metà degli antibiotici a disposizione negli ospedali dell’Ue viene utilizzata in modo eccessivo o inappropriato. Negli ultimi dieci anni il consumo di questi farmaci è raddoppiato. Fino all’epoca pre Covid in Italia si moriva di più di infezioni ospedaliere resistenti agli antibiotici che di incidenti stradali con circa 6000 decessi annui che erano causati da infezioni resistenti agli antibiotici contratte in ospedale.

Il semplice lavaggio delle mani prima di avvicinarsi a un malato sarebbe in grado di fare la differenza. Una buona abitudine che ci lascia in eredità la pandemia. Tutti i chirurghi che si preparano a un intervento chirurgico dovrebbero sempre farsi un bagno o una doccia oltre a procedere a un lavaggio corretto e accurato delle mani per abbattere il rischio infettivo. L’adozione di una corretta e meticolosa tecnica operatoria, il controllo della glicemia, la prevenzione dell’ipotermia e l’impiego di fili di sutura con antisettico completano il quadro delle buone regole.

USO INAPPROPRIATO

L’uso eccessivo ed inappropriato degli antibiotici messo in pratica negli ultimi decenni, sia in medicina umana che in ambito veterinario e zootecnico, viene riconosciuto come una delle principali cause dell’allarmante crescita del fenomeno “antimicrobico resistenza” (di qui innanzi AMR). Infatti, l’abuso ed il misuse degli antibiotici hanno progressivamente esercitato una forte pressione selettiva nei confronti dei microrganismi sovraesposti a tali molecole, ed in particolare su organismi potenzialmente patogeni per l’uomo. Ciò ha favorito una forte accelerazione nello sviluppo e nella diffusone di varianti resistenti a diversi principi attivi utilizzati in medicina umana, che a sua volta ha determinato un progressivo incremento delle infezioni sostenute da batteri resistenti alle terapie antibiotiche.

Attualmente il fenomeno AMR viene percepito su scala globale come una reale e crescente minaccia per la salute pubblica, poiché sia in medicina di comunità, ed ancor più in ambito ospedaliero, le infezioni causate da microrganismi resistenti che non rispondono ai trattamenti standard, causano con frequenza crescente un prolungamento della malattia ed un maggiore rischio di morte. Ciò non solo determina un ingiustificato aggravio dei costi assistenziali diretti, ma contribuisce anche ad un peggioramento degli esiti, legato agli insuccessi terapeutici, causando indirettamente un ulteriore incremento dei costi assistenziali.

IL MICROBIOTA

In molti casi il processo selettivo che ha fatto emergere varianti multi resistenti ha riguardato alcune forme microbiche ampiamente presenti nel microbiota ospite per l’uomo, quali le Enterobacteriaceae; negli ultimi anni la diffusione di alcune di queste varianti, che hanno acquisito meccanismi di resistenza anche verso i Carbapenemi attraverso specifiche attività enzimatiche, le carbapenemasi (Enterobatteri Produttori di Carbapenemasi o CPE), ha assunto in alcune aree geografiche, tra cui l’Italia, un andamento esponenziale, provocando un allarmante incremento dei casi che vedono il loro coinvolgimento in gravi episodi infettivi, che al momento interessano soprattutto l’ambito assistenziale ospedaliero. Proprio sul tema delle misure di controllo delle infezioni da Enterobacteriaceae multi resistenti, il Ministero della Salute ha emanato la Circolare ministeriale “Sorveglianza e controllo delle infezioni da batteri produttori di carbapenemasi (CPE)”, n. 4968 del 26/02/2013, che ha istituito un Sistema nazionale di segnalazione delle batteriemie da Klebsiella pneumoniae o da Escherichia coli non sensibili ai Carbapenemi o produttori di Carbapenemasi. Lo stesso documento dettava alcune Linee di indirizzo sulla gestione dei casi e sul controllo della loro trasmissione, sia in ambito ospedaliero che territoriale.
Più recentemente la World Health Organization (WHO) è intervenuta sulla problematica, emanando, nel maggio 2015, un Piano Globale, il “Global Action Plane on Antimicrobial Resistance”, che impegna gli Stati membri all’attuazione di una serie di misure di contrasto, che vengono ricomprese in 5 obiettivi strategici:

GLI OBIETTIVI

  • aumentare le conoscenze e la consapevolezza attraverso efficaci programmi di comunicazione, educazione ed addestramento professionale;
  • attuare programmi integrati di sorveglianza dell’AMR in tutti i Paesi membri;
  • ridurre l’incidenza delle infezioni attraverso il rafforzamento di misure di prevenzione igienico-sanitarie;
  • contenere l’uso degli antibiotici sia in campo umano che nella produzione di alimenti;
  • incrementare gli investimenti per la ricerca di nuovi farmaci, strumenti diagnostici, vaccini ed altri interventi.
    In precedenza, diverse raccomandazioni della Commissione Europea erano già intervenute sul tema. Tra queste, nel 2011 la Commissione aveva già approvato il “Piano di azione contro le crescenti minacce dell’antimicrobico resistenza”, che individuava 7 aree prioritarie di intervento:
  • uso appropriato di antimicrobici nell’uomo e negli animali;
  • prevenzione delle infezioni e della loro diffusione;
  • sviluppo di nuovi farmaci o approcci alternativi;
  • cooperazione a livello internazionale per contenere il rischio di AMR;
  • miglioramento di monitoraggio e sorveglianza del fenomeno in medicina umana e veterinaria;
  • promozione della ricerca e della innovazione;
  • implementazione delle attività di comunicazione, educazione e formazione.

IL PIANO NAZIONALE

In linea con il Global Action Plan 2015 del WHO, il Consiglio d’Europa nel giugno 2016 ha chiesto agli Stati Membri di sviluppare entro metà 2017 un piano nazionale di contrasto all’ AMR basato su una strategia “one health”.
Nel settore veterinario, l’utilizzo degli antimicrobici rappresenta un fattore di rischio per la selezione e diffusione di batteri, commensali o zoonotici, resistenti. Il loro trasferimento dall’animale all’uomo può avvenire sia direttamente, per contatto e mediante gli alimenti di origine animale, che indirettamente attraverso più complessi cicli di contaminazione ambientale. Tuttavia, occorre precisare che la reale dimensione degli effetti che l’impiego di antimicrobici nel settore zootecnico ha sulle problematiche legate all’AMR necessita di maggiori approfondimenti.
A livello europeo il legame tra gli aspetti veterinari e le malattie umane viene evidenziato attraverso report congiunti prodotti dalla European Food Safety Authority (EFSA) che, per il settore veterinario, riassumono i dati forniti dagli Stati membri in attuazione delle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici e dei focolai di tossinfezioni alimentari e alimentari e, nel caso del primo report congiunto da EFSA/ECDC/EMA (European Medicines Agency), un’analisi integrata di tali dati con i risultati ottenuti dal progetto Esvac (European surveillance of veterinary antimicrobial consumption) a cui l’Italia partecipa dal 2010.

LA RICERCA

Klebsiella pneumoniae o da Escherichia coli non sensibili ai Carbapenemi o produttori di Carbapenemasi. Lo stesso documento dettava alcune Linee di indirizzo sulla gestione dei casi e sul controllo della loro trasmissione, sia in ambito ospedaliero che territoriale.
Più recentemente la World Health Organization (WHO) è intervenuta sulla problematica, emanando, nel maggio 2015, un Piano Globale, il “Global Action Plane on Antimicrobial Resistance”, che impegna gli Stati membri all’attuazione di una serie di misure di contrasto, che vengono ricomprese in 5 obiettivi strategici:

  • aumentare le conoscenze e la consapevolezza attraverso efficaci programmi di comunicazione, educazione ed addestramento professionale;
  • attuare programmi integrati di sorveglianza dell’AMR in tutti i Paesi membri;
  • ridurre l’incidenza delle infezioni attraverso il rafforzamento di misure di prevenzione igienico-sanitarie;
  • contenere l’uso degli antibiotici sia in campo umano che nella produzione di alimenti;
  • incrementare gli investimenti per la ricerca di nuovi farmaci, strumenti diagnostici, vaccini ed altri interventi.
    In precedenza, diverse raccomandazioni della Commissione Europea erano già intervenute sul tema. Tra queste, nel 2011 la Commissione aveva già approvato il “Piano di azione contro le crescenti minacce dell’antimicrobico resistenza”, che individuava 7 aree prioritarie di intervento:
  • uso appropriato di antimicrobici nell’uomo e negli animali;
  • prevenzione delle infezioni e della loro diffusione;
  • sviluppo di nuovi farmaci o approcci alternativi;
  • cooperazione a livello internazionale per contenere il rischio di AMR;
  • miglioramento di monitoraggio e sorveglianza del fenomeno in medicina umana e veterinaria;
  • promozione della ricerca e della innovazione;
  • implementazione delle attività di comunicazione, educazione e formazione.
    In linea con il Global Action Plan 2015 del WHO, il Consiglio d’Europa nel giugno 2016 ha chiesto agli Stati Membri di sviluppare entro metà 2017 un piano nazionale di contrasto all’AMR basato su una strategia “one health”.
    Nel settore veterinario, l’utilizzo degli antimicrobici rappresenta un fattore di rischio per la selezione e diffusione di batteri, commensali o zoonotici, resistenti. Il loro trasferimento dall’animale all’uomo può avvenire sia direttamente, per contatto e mediante gli alimenti di origine animale, che indirettamente attraverso più complessi cicli di contaminazione ambientale. Tuttavia, occorre precisare che la reale dimensione degli effetti che l’impiego di antimicrobici nel settore zootecnico ha sulle problematiche legate all’AMR necessita di maggiori approfondimenti.
    A livello europeo il legame tra gli aspetti veterinari e le malattie umane viene evidenziato attraverso report congiunti prodotti dalla European Food Safety Authority (EFSA) che, per il settore veterinario, riassumono i dati forniti dagli Stati membri in attuazione delle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici e dei focolai di tossinfezioni alimentari e alimentari e, nel caso del primo report congiunto da EFSA/ECDC/EMA (European Medicines Agency), un’analisi integrata di tali dati con i risultati ottenuti dal progetto ESVAC (European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption) a cui l’Italia partecipa dal 2010.

INSUCCESSO TERAPEUTICO

L’antimicrobico-resistenza (Amr) non è una malattia ma un insuccesso terapeutico e diagnostico il cui impatto sulla società, descritto in DALYs, cioè come misura della gravità globale di malattia (espressa dagli anni persi per disabilità o per morte prematura) è paragonabile a quello di influenza, tubercolosi e HIV/AIDS insieme. Quando si affronta questo problema molto spesso si parla prevalentemente di programmi di prevenzione, senz’altro aspetto chiave dell’AMR. Ma Epicentro, portale di epidemiologia per la sanità pubblica a cura del nostro Istituto Superiore di Sanità (ISS) sulla base di varie pubblicazioni, da tempo evidenzia come solo il 30-50% delle infezioni sia prevenibile attraverso buone pratiche preventive. Se a questo livello la strada per una buona efficienza del sistema è molto battuta ma ancora lunga, ancor più lunga è però quella della ricerca di nuove terapie che riescano ad arginare e limitare questo fenomeno.

L’attuale pandemia ci ha insegnato quanto sia importante avere terapie efficaci per combattere le infezioni. Sappiamo inoltre che, nell’ultimo decennio, la ricerca di nuovi antibiotici si era quasi fermata, a causa dell’assunzione che aver scoperto e prodotto antibiotici ad ampio spettro (allora molto efficaci su un gran numero di agenti patogeni sia Gram+ che Gram-), potesse essere un punto d’arrivo se non una soluzione definitiva. A questo si aggiunga la difficile sostenibilità della ricerca che in questo campo, vede riconosciuto un valore non sempre rispondente agli investimenti fatti.

Per questi motivi molte industrie hanno abbandonato la ricerca indirizzando i propri investimenti in aree più remunerative. Ma dopo le proiezioni drammatiche che l’Organizzazione Mondiale della Sanità stessa ha fatto sull’impatto futuro dell’AMR indicandola come prima causa di morte nel 2050 (10 milioni di morti/anno) e le conseguenti allarmanti analisi della Banca mondiale dell’economia (impatto sui costi sanitari con aumenti globali entro il 2050 tra $300 miliardi a oltre $1 trilione all’anno) sono cresciute molte preoccupazioni su questo futuro scenario. A seguito di ciò i vertici dell’OMS hanno indicato come sia fondamentale tornare a concentrare gli investimenti pubblici e privati sullo sviluppo di antibiotici efficaci che, utilizzati appropriatamente, possano invertire le attuali preoccupanti previsioni, “poiché stiamo esaurendo tutte le opzioni utili”.

AIFA

AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha fatto un’azione molto importante riconoscendo l’innovatività condizionata (o potenziale), che comporta l’inserimento immediato nei Prontuari Terapeutici Regionali nei termini previsti dalla normativa vigente.
La resistenza antimicrobica secondo la World Health Organization (17 nov. 2021):
● è una minaccia globale per la salute e lo sviluppo; richiede un’azione multisettoriale urgente per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
● L’Oms ha dichiarato che l’AMR è una delle prime 10 minacce globali per la salute pubblica che l’umanità deve affrontare.
● L’uso improprio e l’uso eccessivo di antimicrobici sono i principali fattori trainanti nello sviluppo di agenti patogeni resistenti ai farmaci.
● La mancanza di acqua pulita e servizi igienici e la prevenzione e il controllo inadeguati delle infezioni favoriscono la diffusione di microbi, alcuni dei quali possono essere resistenti al trattamento antimicrobico.
● Il costo dell’Amr per l’economia è significativo. Oltre alla morte e all’invalidità, la malattia prolungata si traduce in degenze ospedaliere più lunghe, nella necessità di medicinali più costosi e in difficoltà finanziarie per le persone colpite.
● Senza efficaci antimicrobici il successo della medicina moderna nel trattamento delle infezioni, anche durante interventi chirurgici importanti e chemioterapia contro il cancro, sarebbe a rischio maggiore.

LO STUDIO

Carico globale della resistenza antimicrobica batterica nel 2019: un’analisi sistematica (Lancet 2022; 399: 629-55: Lo studio ha stimato nel 2019 ci sono stati 4,95 milioni di morti associate a batteri AMR incluse anche 1,27 milioni di morti attribuibili a batteri multiresistenti.
Lo studio ha stimato il tasso di mortalità in tutte le età attribuibile alla resistenza a livello regionale.

  • Tasso più alto: Africa subsahariana occidentale 27 morti ogni 100.000
  • Tasso più basso: australasia 6 morti ogni 100 mila.
    Tre sindromi infettive combinate hanno rappresentato il 78,8% dei decessi attribuibili all’AMR:
  • Infezioni respiratorie inferiori
  • Infezioni del flusso sanguigno
  • Infezioni intra-addominali
    Le infezioni delle basse vie respiratorie hanno causato oltre 400.000 decessi attribuibili e 1,5 milioni di decessi associati.
    i principali agenti patogeni sono stati responsabili di 929.000 (660.000-1.270.000) morti per AMR:
  • E.coli
  • Staphylococcus aureus
  • Klebsiella pneumoniae
  • Streptococco polmonare
  • Acinetobacter baumannii
  • Pseudomonas aeruginosa
    L’Italia ha avuto un eccesso di prescrizione per diverse tipologie di antibiotici dovute soprattutto per il trattamento dei pazienti con Covid-19, ma secondo lo studio soltanto il 7%-8% dei pazienti ospedalizzati con Covid-19 erano stati diagnosticati con un’infezione batterica o fungina, mentre l’uso degli antibiotici nei pazienti con Covid è stato considerevolmente alto 71.9%. Questo uso inappropriato non avrà effetti immediati sulla salute degli italiani, ma nel lungo periodo sicuramente andrà a peggiorare la situazione delle AMR
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