[dropcap color=”#000000″ style=”style-1″ background=”#ffffff” ] L[/dropcap]Le esigenze sono cambiate e, parimenti, anche le responsabilità ma non si può certo dire che le condizioni organizzative abbiano seguito la stessa scia.
I filosofici concetti di umanizzazione delle cure, centralità del paziente ed i principi di Clinical Governance, cozzano rispetto al modello organizzativo che si è dato in sanità. Il processo di aziendalizzazione ha stressato il concetto di risparmio, tant’è che l’unica spending review che viene attuata è sul personale e sulla qualità dei presidi di uso giornaliero. Dov’è finita l’assistenza territoriale? Abbiamo diminuito i posti letto con la scusa della de-ospedalizzazione del paziente e la presa in cura domiciliare, ma ci ritroviamo con l’abbandono del paziente alle dimissioni, a meno che non abbia le risorse economiche per farsi seguire privatamente.
La Medicina di famiglia
Il modello del Medico di medicina generale, attualmente vigente, non riesce a dare le giuste risposte e l’istituzione dell’infermiere di famiglia stenta a decollare per motivazioni diverse, finanche alle lobbistiche prese di posizione di chi ha paura di perdere le “priorità acquisite”. La politica continua a concentrarsi sulla sistemazione delle posizioni dirigenziali apicali, segno di una sanità ancora medico-centrica e non in linea con i nuovi modelli organizzativi, malgrado le Ebm (medicina basata sull’evidenza) abbiano dimostrato come alla carenza degli infermieri ne scaturisce una maggior mortalità dei pazienti. La rete ospedaliera siciliana, tanto decantata da tutte le varie fazioni politiche, finanche all’attuale, in realtà non è stata fatta sulla scorta di una seria e reale analisi epidemiologica e non risponde in toto neanche ai principi del Decreto Balduzzi. L’impressione è che una volta individuati i nominativi, vengono create le varie caselline, a prescindere se certe scelte siano funzionali davvero alla richiesta di salute di un determinato territorio.
Il personale che manca
E sulle dotazioni organiche? I vari politici vanno facendo sfoggio di nuovi ospedali aperti e di vecchi nosocomi salvati, ma sul contenuto degli stessi glissano, laddove per contenuto intendiamo significare la dotazione di professionisti propedeutica al processo di cura che in quel presidio si intende perseguire. Il criterio usato è squisitamente ragionieristico: dato un determinato tetto di spesa per ogni singola azienda, si stabilisce un coefficiente da moltiplicare per il N. di posti letto ed il gioco è fatto. Sicuramente i conti sono a posto, il tetto di spesa non è superato, ne superabile, ma qualcuno, ha ascoltato il grido di allarme dei vari professionisti che non ce la fanno più a coprire le varie carenze di organico?
Le passerelle politiche
No, preferiamo le pompe magne, le visite istituzionali quando i medici e gli infermieri vengono aggrediti e via dicendo. Nessuno si pone il problema che il rischio clinico aumenta con il diminuire delle risorse umane, che probabilmente l’aggressività è frutto di una mancata risposta dei professionisti che non riescono a compensare l’esiguità dei numeri, che il processo di cura non finisce con l’intervento di alta specializzazione, ma continua nella fase post, la più drammatica e delicata per la buona riuscita dell’intero processo. Qualcuno si è chiesto perché esiste il sovraffollamento dei Pronto Soccorso? No, perché sennò la politica dovrebbe ammettere il proprio fallimento, stante che i pazienti si recano in urgenza per cercare quelle risposte che non trovano nell’inesistente territorio.
Pubblico e privato
Nessuno, almeno in Sicilia, ha poi messo mano alla grossa fetta della Sanità privata convenzionata, che funziona con gli stessi soldi pubblici, che da implementativa sta assumendo sempre più caratteri di sostitutività, entrando, in taluni casi, in competizione col pubblico e che riesce a “sbarcare il lunario” grazie ad una notevole contrazione nella spesa del personale (punto nevralgico nelle contabilità di tutti i bilanci pubblici e privati).
È anacronistico che la dotazione organica di queste strutture che hanno le medesime fonti finanziarie che hanno le stesse esigenze assistenziali, facciano riferimento ad una norma, la L.39/88, che affonda le radici in un’epoca in cui non era ancora così evidente il processo di aziendalizzazione degli ospedali. Se negli ospedali si fa grossa fatica a far fronte alle varie esigenze ed i numeri, anche se di poco, sono superiori, ci si chiede come fanno le strutture Private a garantire eccellenza e sicurezza. Una cartina al tornasole si può individuare nel blocco del CCNL degli operatori, che da ben 12 anni aspettano un obolo da parte di questi potentati, i quali si difendono che non possono sobbarcarsi, poverini, di ulteriori spese. Risultato? Discriminazione fra operatori che svolgono lo stesso ruolo ma hanno minori diritti e minor riconoscimento economico. E della medicina difensiva vogliamo parlarne? Sarà l’argomento di un’altra puntata della Gattopardiana sanità siciliana.