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Dopo Omicron 5 in arrivo Centaurus: Cosa ci riserva il futuro della pandemia

Mentre Omicron 5 rallenta la sua corsa – la crescita dei nuovi casi segna un +22,4% ma l’incremento percentuale è in calo rispetto alla settimana precedente – e mentre la scia lunga delle tantissime infezioni registrate a giugno e luglio lascia il segno negli ospedali con un netto aumento delle morti (+49,1%) in un mese raddoppiati come anche i ricoveri e le terapie intensive, ecco apparire all’orizzonte Centaurus, una nuova variante del virus che promette di diventare a sua volta dominante grazie all’upgrade subito nella capacità di infettare (fase di entrata nella cellula ossia il presupposto fondamentale per il contagio essendo il virus un parassita endocellulare obbligato) e di replicarsi, ossia la capacità di creare milioni di copie identiche a se stesse che sono calcolate in circa un miliardo ogni 24 ore nel globo.

I casi di infezioni determinate da questa nuova sottovariante ribattezzata su Gisaid, la banca mondiale dei virus, Ba.2.75 (Centaurus, appunto) finora nel mondo sono circa 290 di cui la stragrande maggioranza, oltre l’80 per cento sequenziale in India e le altre in vari Paesi, dal Regno Unito agli Usa, dalla Nuova Zelanda al Canada, dall’Indonesia al Giappone, Australia, Germania e Nepal, 1 in Danimarca, Lussemburgo, Martinica, Olanda e Turchia.

Secondo i maggiori virologi italiani è ancora presto per stabilire il destino di questa nuova variante ma è chiaro che grazie alla capacità del virus di mutare, che sia Centaurus o un altro ceppo, il Covid-19 continuerà a caratterizzare lo scenario epidemiologico mondiale. A Franco Bonaguro, primario emerito di Virologia presidente per l’Italia del Global Virus network, associazione internazionale per lo studio dei virus abbiamo chiesto cosa ci aspetta nel futuro dell’epidemia.

Che caratteristiche ha la variante Omicron Ba.2.75?
«Preoccupa i virologi in quanto è modificata nella regione che viene riconosciuta dagli anticorpi neutralizzanti. Questo potrebbe renderla perfetta per aggirare la protezione vaccinale e metterci spalle al muro”.

Si spieghi…
“Nella condizione di dover ricominciare daccapo con le immunizzazioni anche se quando facciamo questi ragionamenti non teniamo conto del fatto che oltre all’immunità cosiddetta umorale, ossia mediata da anticorpi che legano e neutralizzano il virus, possiamo contare anche sulla immunità cellulare, ossia la capacità di talune cellule T, di intercettare e distruggere direttamente il virus. Entrambe le linee conservano una certa memoria che si mantiene viva ed efficace per circa 4 mesi per poi successivamente progressivamente scemare. La buona notizia è che finora l’infettività di questo ceppo non è stata così alta come si temeva e il suo competitor Omicron 5 è un vero e ancora un invincibile velocista”.

Avremo altre ondate di Covid dunque?
“Questo è certo: con un miliardo di copie al giorno Sars-Cov-2 sfrutta gli inevitabili errori di replicazione per far emergere sempre una versione migliore più infettiva e replicante. Se poi in uno stesso organismo, spesso immunodepresso, si incontrano due ceppi mutati del virus questi possono ricombinarsi formando incroci. Se Centaurus si ricambiasse con Omicron 5 sarebbero dolori.
Nei fatti la versione più adatta del virus sopravvive e questo processo di adattamento all’ospite umano è appena iniziato. Infatti colpisce le vie aeree superiori ma non più i polmoni. I decessi avvengono soprattutto a danno di soggetti fragili e anziani in cui il Covid si presenta come ulteriore complicazione di una situazione clinica spesso complessa a causa delle comorbilità”.

Come fa il virus a mutare tanto migliorando sempre le sue performance?

La variazione genetica è parte della vita degli organismi sia vegetali che animali, ed ovviamente anche per il mondo minerale ci sono cambiamenti. Un processo continuo. I cambiamenti permettono l’adattamento alle condizioni ambientali o meglio la selezione delle variazioni genetiche più adatte o performanti nei diversi habitat o nicchie ecologiche conferisce un vantaggio. In questi cambiamenti il virus è enormemente avvantaggiato rispetto a quelli del suo ospite Ion quanto negli animali superiori, ed in particolare in quelli che hanno un lungo arco di vita (attualmente >70 anni per l’uomo) ed un ciclo riproduttivo/generazionale lento (in Italia attualmente è >40 anni) l’adattamento è lento o limitato. Soppiiamo però a questa carenza con l’intelligenza e la tecnologia. Per gli organismi con un ciclo riproduttivo di 24 ore ed una ampia progenie con la produzione di un miliardo (1×109) di nuovi discendenti al giorno il numero di varianti giornaliere è altissimo, circa 100 mila.. Questo fenomeno è ulteriormente aggravato per i virus ad RNA dove la RNA-polimerasi RNA dipendente è di fatto detta error-prone (cioè predisposta all’errore), come abbiamo imparato bene con il virus HIV dell’AIDS. La virulenza o la mancanza di essa per ciascun tipo di virus può essere determinata da piccole mutazioni nel genoma”.

Dove arriverà questo virus?
“Poche varianti di fatto sopravvivono e possono però acquisire il tropismo per recettori diversi (per altre popolazioni cellulari) e nello stesso tempo perdere quello per il recettore originale (nel caso del coronavirus SARS-CoV-2 il recettore ACE2). In conclusione le varianti con cambiamenti eccessivi non riescono più ad infettare e quelle che non cambiano affatto sono neutralizzate efficacemente dal nostro sistema immunitario o dagli anticorpi monoclonali prodotti industrialmente. Le varianti meno patogene sono in ogni caso favorite perché il soggetto infetto (ed asintomatico) trasmette meglio ad un maggior numero di persone. Quindi inesorabilmente il virus finirà con il diventare sempre meno patogeno anche se con una trasmissibilità migliore, ed andrà a far parte del numeroso gruppo dei coronavirus rinofaringei umani a bassa patogenicità. Ma per arrivare a questo approdo potrebbe servire anni.

Perché gli attuali vaccini non riescono a bloccare l’infezione ma solo la malattia grave?
“Il problema della modesta capacità di barrieramento delle attuali vaccinazioni non è tutta dovuta alla variabilità virale. Ma è soprattutto correlata alla brevità di durata del titolo anticorpale protettivo (sia a seguito dell’infezione che da vaccinazione). Saranno necessarie nuovi modelli vaccinali con una durata di copertura protettiva più lunga, che nemmeno l’infezione naturale è in grado di assicurare per venire a capo della pandemia”.

Il fatto che non provochi più la polmonite dipende dalle mutazioni o dall’intralcio dell’immunità suscitata dai vaccini?
“In generale il virus ha un maggiore tropismo per le vie aeree superiori, con le vaccinazioni stiamo inducendo anche una immunità cellulare che riduce il rischio di forme severe, anche se non riesce ad indurre una prolungata risposta protettiva neutralizzante, inoltre è migliorato l’arsenale terapeutico che oltre ad includere antivirali di nuova generazione di uso orale domiciliare (Molnuvipar Paxlovid) prevede l’uso idoneo di cortisonici e di farmaci anti-citochine (incluso tocilizumab) che riescono a contenere le reazioni anafilattoidi causa delle forme respiratorie severe (ARDS) trattabili solo nelle unità di terapia intensiva con intubazione”.

Come fare per ridurre la carica virale di trasmissione?
“Bisogna continuare con misure igieniche (mascherine in pubblico ed evitare strette di mano, che vanno lavate prima di portarle alla bocca, soprattutto ai pasti) per gestire la fase di infezione e ridurre la sintomatologia, misurare la temperatura corporea giornalmente, non fare eccessiva attività fisica ed evitare di sudare nel periodo acuto dell’infezione (rialzo febbrile) per evitare sovrapposizione batterica e dare tempo al nostro sistema immunitario di reagire. Controllare al mattino la pressione parziale di ossigeno che a riposo è in generale >92% ed in attività moderata di poco inferiore al 90%. Se valori di molto inferiori sentire medico di famiglia, guardia medica, Usca anche telefonicamente.

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