Studiare il dolore cronico è importante perché costa all’Italia oltre 36 miliardi di euro l’anno e muoiono più persone per complicazioni legate ai FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) che per AIDS e cancro cervicale negli USA. Il disordine temporo-mandibolare (DTM) è una condizione in cui la malocclusione dentale è associata a dolore in sede facciale e può essere presenti limitazioni funzionali (ridotta apertura della bocca, difficoltà alla masticazione, ecc.).
I soggetti con disordine temporomandibolare hanno una risposta diversa agli stimoli dolorosi rispetto ai soggetti che non lo presentano.
Uno studio di Bair e collaboratori, attraverso test di rilevazione della soglia e della tolleranza dolorifica, ha diviso i soggetti in tre gruppi: il primo, che presenta una risposta dolorosa solo agli stimoli più elevati, è chiamato “cluster adattivo”; il secondo, più sensibile agli stimoli dolorosi, indicato come “sensibile al dolore”; il terzo è denominato “con sintomi globali”. Quest’ultimo gruppo mostra, oltre a una più frequente limitazione funzionale (difficoltà a masticare, ridotta apertura della bocca, ecc.), una maggiore sensibilità al dolore e un maggior disagio psicologico, fino ad arrivare ad una marcata compromissione della qualità della vita.
Misurare la soglia del dolore è facile: è sufficiente incrementare lentamente l’intensità dello stimolo somministrato fino a che il soggetto avvisa di averlo percepito (soglia di sensibilità) e quando avverte dolore (soglia del dolore). Per la misurazione del dolore si usa una scala numerica dove lo zero rappresenta l’assenza del dolore e 10 il massimo dolore pensabile. Per valutare la disabilità associata si deve ricorrere a scale multidimensionali, ad esempio la Chronic Pain Grade (Salaffi e coll., 2006).
La soglia del dolore nei soggetti con DTM è alterata solo nel distretto facciale o anche nei distretti a distanza?
Uno studio su un campione di 185 adulti con DTM e 1.633 controlli (senza DTM), ha misurato la sensibilità agli stimoli meccanici da pressione cutanea e da stimoli termici, in zone della faccia (muscolo temporale, massetere, sede preauricolare) e in zone distanti (muscolo trapezio e gomito), e ha registrato una maggiore sensibilità al dolore in entrambi i casi. Ciò indica una sovra-regolazione generalizzata dell’elaborazione degli input dolorosi in questi pazienti (Greenspan e coll., 2011).
Gli uomini e le donne rispondono nella stessa maniera agli stimoli dolorosi?
Una ricerca ha studiato la risposta agli stimoli dolorosi sulle dita della mano su 25 pazienti di sesso femminile con DTM, 25 donne sane e 25 uomini sani. Le donne con DTM sono quelle che hanno la maggior sensibilità del dolore (soglia più bassa) associata a una maggior sofferenza, rispetto agli altri due gruppi. Anche le donne senza DTM hanno una maggior sensibilità al dolore rispetto ai maschi.
Patologie diverse possono avere meccanismi simili.
Facciamo un esempio: in caso di infarto del miocardio e ictus cerebrale, i meccanismi aterosclerotici e l’ipertensione sono spesso alla base di entrambi. Caratteristiche comuni sono presenti anche nel caso del dolore cronico, che può colpire diverse parti del corpo, come nel caso di lombalgia e DTM. È vero che il dolore in sedi diverse va trattato in modo diverso ma una migliore comprensione dei meccanismi neurofisiologici che ne sono alla base renderebbe i nostri trattamenti più interdisciplinari, con risultati migliori nella terapia.
Dall’inizio del nuovo millennio, la diagnostica per immagini consente di marcare sia le sedi del dolore che quelle correlate alla disabilità che ne consegue. Il primo studio che mostra anomalie cerebrali nel dolore cronico ha studiato la morfologia cerebrale di 26 pazienti con mal di schiena cronicizzato. Il risultato ha evidenziato la presenza di atrofia cerebrale nella corteccia prefrontale dorsolaterale e nel talamo destro. Il dolore cronico aumenta la perdita di sostanza grigia come avviene nel normale invecchiamento, con una perdita di 1,3 cm3 di sostanza grigia per ogni anno di dolore cronico, fino a comportare 10-20 anni di invecchiamento nei soggetti con lombalgia, rispetto ai coetanei sani (Apkarian e coll., 2004). Nei soggetti con DTM si hanno modifiche della materia grigia molto simili a quelle dei soggetti con mal di schiena cronico (Younger, 2010).
Da approfondire.
Si è visto che i soggetti con DTM hanno una ridotta soglia al dolore anche nei distretti a distanza: nel caso che una lombalgia sia associata a DTM, si deve trattare solo la schiena oppure è consigliabile trattare anche il DTM? E ancora: se trattiamo il DTM possiamo alleviare la sintomatologia dolorosa in altri distretti corporei? Studi semplici daranno la risposta.
Daniele Tonlorenzi. Paolo Broido. Massimo Conti
- Apkarian AV et al. Chronic back pain is associated with decreased prefrontal and thalamic gray matter density. J Neurosci. 2004 Nov 17;24(46):10410-5.
- Bair E et al. Identification of clusters of individuals relevant to temporomandibular disorders and other chronic pain conditions: the OPPERA study. Pain. 2016 Jun;157(6):1266-1278.
- Greenspan JD et al. Pain sensitivity risk factors for chronic TMD: descriptive data and empirically identified domains from the OPPERA case control study. J Pain. 2011 Nov;12(11 Suppl):T61-74.
- Salaffi F, Stancati A, Grassi W. Reliability and validity of the Italian version of the Chronic Pain Grade questionnaire in patients with musculoskeletal disorders. Clin Rheumatol. 2006 Sep;25(5):619-31.
- Younger J.W. Chronic myofascial temporomandibular pain is associated with neural abnormalities in the trigeminal and limbic systems. Pain. 2010 May;149(2):222-8.