Il 2 giugno ricorre la giornata mondiale contro i Disturbi del comportamento alimentare (World Eating Disorders Action Day). Si tratta di patologie complesse e multifattoriali che, stando ai dati forniti dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), dopo gli incidenti stradali, costituiscono la prima causa di decesso tra i giovani di età compresa tra i 12 e i 25 anni.
L’iniziativa, che ha origine in America, è stata istituita in Italia nel 2012, in seguito alla drammatica vicenda di Giulia Tavilla, una ragazza che ad appena 17 anni è stata strappata alla vita da uno dei più diffusi disturbi del comportamento alimentare, la bulimia. Il padre della ragazza, Stefano, è stato il principale promotore della Giornata del fiocchetto Lilla, volta a creare una rete di sostegno e aiuto a quanti soffrono di disturbi alimentari e alle persone che si relazionano con loro, spesso in difficoltà nell’affrontare problematiche di questo calibro.
Cosa sono i disturbi alimentari
Nel Dsm-5 (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) a proposito di disturbi alimentari si legge che coloro che ne soffrono sono “caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione, oppure da comportamenti inerenti l’alimentazione che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento di cibo che compromette significativamente la salute fisica e il funzionamento psicosociale”.
I principali Disturbi del comportamento alimentare sono la pica, ovvero l’ingestione di sostanze non commestibili, la ruminazione, il disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo e il disturbo da binge eating. Da non dimenticare anoressia e bulimia nervosa, particolarmente diffusi tra le nuove generazioni. Entrambi i disturbi sono basati su una percezione distorta e alterata della propria immagine corporea e una costante preoccupazione per il peso: il tentativo delle vittime, soprattutto di sesso femminile, è quello di adeguarsi agli ideali canoni estetici imposti da una società sempre più maschilista, poco inclusiva e senza alcun rispetto nei confronti della diversità, anche fisica. Nella speranza di ottenere un fisico perfetto chi soffre di anoressia tende ad imporsi pericolosi e prolungati digiuni; al contrario, chi soffre di bulimia, alterna l’ingestione di notevoli quantità di cibo, in brevissimo tempo, a condotte eliminatorie, quali soprattutto vomito indotto, lassativi, diuretici e un’intensa e dannosa attività fisica, non compensata da una corretta alimentazione.
Dati
In Italia sono circa tre milioni le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare: si tratta per di più di soggetti di genere femminile e in età adolescenziale. A far incrementare esponenzialmente le diagnosi di Disturbi del comportamento alimentare in pazienti nuovi, cui si affiancano ricadute di chi già aveva intrapreso un percorso di guarigione, hanno contribuito, non in minima parte, la pandemia e il lockdown: a causa dell’isolamento forzato in casa, adulti, giovani e bambini si sono ritrovati da soli a fare i conti con una spirale di pensieri negativi rivolta in maniera ossessiva al cibo.
Tutto questo non ha fatto altro che aggravare le preesistenti problematiche di convivenza con i Disturbi del comportamento alimentare e ha portato al raddoppiamento delle richieste di aiuto per anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating) rispetto al periodo pre-Covid esemplificative rispetto alla situazione che la sanità sta affrontando negli ultimi anni sono le parole del direttore del Centro disturbi del comportamento alimentare della Asl Roma 1, Armando Cotugno, il quale ha spiegato che “la richiesta di valutazione per disturbi del comportamento alimentare, considerando tutta la popolazione, è praticamente raddoppiata; ma se prendiamo in esame solo la fascia adolescenziale il dato si triplica”.
I motivi di questo spaventoso dato, continua il direttore, “risiedono nell’isolamento forzato e nella rottura delle normali routine, come l’allontanamento da scuola e dalle reti sociali. Risultati di ricerche mettono in luce come l’isolamento sociale abbia un effetto su alcune aree cerebrali, che sono le stesse che governano la motivazione cosiddetta appetiva, il nostro desiderio di cibo e vitalità”.
Un incremento dell’incidenza di disturbi del comportamento alimentare è stato rilevato, oltre che nei ragazzi, anche nella popolazione adulta, in particolare gli anziani. Sono loro, infatti, che spesso rivolgono alla sfera alimentare quell’umore depresso che solitamente scaturisce dalla perdita di affetti, quali amici o parenti, tipico di questa fase della vita e che comporta un’alterazione delle abitudini alimentari.
In occasione della Giornata mondiale contro i Disturbi del comportamento alimentare, la speranza è quella di sensibilizzare sempre più medici, psichiatri, professionisti sanitari in genere, nonché giovani e famiglie, a connettersi e collaborare tra loro, mantenendosi costantemente aggiornati sui recenti sviluppi nella ricerca in questo campo. È importante ricordare che i Dca sono un problema di sanità pubblica di sempre maggiore importanza, oggetto di attenzione sanitaria e sociale, sia sul piano scientifico che su quello mediatico, per la loro diffusione, l’esordio sempre più precoce tra le fasce più giovani della popolazione e per l’eziologia multifattoriale complessa che ne è alla base.