L’osteoporosi può essere una complicanza e una delle più insidiose e inaspettate conseguenze del diabete mellito di tipo 2. I pazienti affetti da diabete di tipo 2 possono dunque andare incontro ad un maggior rischio di incorrere in fratture d’anca e in microfratture vertebrali legate al cattivo controllo glicemico, alla durata della malattia e alla liberazione di citochine mediatori dell’infiammazione.
La novità emerge da uno studio presentato a conclusione dei lavori del 6° Congresso nazionale Ame Diabetes Updates, organizzato dall’Ame (Associazione Medici Endocrinologi). Un appuntamento scientifico incentrato sull’assistenza e gli aspetti diagnostico e terapeutici del Diabete mellito. Malattia quest’ultima inserita a pieno titolo tra i fattori di rischio per lo sviluppo di forme più severe di Covid-19 e di grandissima rilevanza sociale ed epidemiologica.
“La dimensione epidemiologica del diabete – avverte Silvio Settembrini dirigente medico della Asl Napoli 1 e tra i responsabili scientifici dell’incontro partenopeo – rappresenta anch’essa una pandemia con risvolti ormai planetari di enorme importanza. I dati più recenti, di fine 2021 danno un censimento di 537 milioni di diabetici distribuiti su tutti i 5 continenti ed in Italia circa il 7% della popolazione è affetta da diabete (circa 6 milioni, 700mila in Campania”.
Al Congresso hanno partecipato, provenienti da tutta Italia, numerosi scienziati esperti e medici specialisti di varie discipline, endocrinologi, diabetologi, cardiologi, nefrologi, epatologi, internisti, che si sono confrontati sulle più moderne terapie disponibili e nel delineare razionali strategie di gestione del paziente diabetico e delle sue numerose complicanze che vanno dall’infarto del miocardio, all’ictus, alle insufficienze renali passando per le epatopatie con steatosi e cirrosi, osteoporosi con fratture ossee, piede diabetico che è causa di amputazioni.
I PERCORSI
Opportuni percorsi di tipo dietetico-nutrizionali e le necessarie modifiche dello stile di vita (astensione dal fumo e adeguata attività fisica) sono considerati presidi indispensabili per raggiungere l’obiettivo di ridurre le complicanze della malattia.
Nella pratica clinica – aggiunge Settembrini – un precoce e tempestivo utilizzo delle nuove classi innovative di farmaci quali i GLP 1 Agonisti ed SGLT 2 Inibitori, farmaci che hanno documentato, in vari trials d’intervento, di ridurre in maniera statisticamente significativa mortalità e morbilità ed ospedalizzazioni legate alla malattia, sono in grado di far regredire il relativo danno d’organo cardiaco, renale, cerebrale, epatico, osseo, vascolare, legato alla tossicità acuta e cronica dell’iperglicemia.
Particolare risalto, nel corso del Congresso, è stato dato alle nuovissime tecnologie gestionali e diagnostiche del diabete, che consentono, attraverso il monitoraggio continuo della glicemia, con modernissime apparecchiature di piccole dimensioni, di gestire i flussi glicemici del paziente a domicilio e di ridurne la variabilità glicemica, causa di complicanze, attraverso una vera e propria organizzazione di Telemedicina diabetologica che, anche a livello normativo, sta definendo protocolli attuativi da implementare.
LA VITAMINA D
Di particolare interesse scientifico, per i suoi risvolti epidemiologici e terapeutici, è stato il dibattito sulla Vitamina D ed i suoi rapporti con il Diabete mellito ed il metabolismo osseo.
Nel corso delle varie sessioni tematiche del Congresso si sono discusse ed analizzate le più moderne e recenti Linee guida internazionali di diagnosi e cura di condizioni quali lo scompenso cardiaco, la nefropatia diabetica, le dislipidemie, diabete secondario ad endocrinopatie, alterato metabolismo osseo, tireopatie, obesità ed inoltre analizzate le cause di insorgenza del diabete, plausibilmente legate ad alterazioni delle funzioni ormonali dell’intestino e del microbiota intestinale.
Di particolare interesse scientifico, per i suoi risvolti epidemiologici e terapeutici, è stato il dibattito sulla Vitamina D ed i suoi rapporti con il Diabete mellito ed il metabolismo osseo. Da questo punto di vista la novità è la considerazione di un ruolo endocrino dell’osso influenzato dalla vitamina D e da altri ormoni secreti dal Tessuto osseo, come idrogeno solforato e cortisolo.
”Anche i farmaci impiegati nella terapia del Diabete Mellito – sottolinea Raffaele Giannattasio, endocrinologo della Asl Napoli 1 – come la Metformina, Sulfaniluree, Glitazoni, Incretine, SGLT 2 Inibitori e Insulina, possono condizionare un aumento o una riduzione del rischio di frattura. Nel Diabete mellito la densità minerale dell’osso (Bmd), valutata con tecnica Dexa (che indica il contenuto di calcio nell’osso), è spesso normale o aumentata ed è probabile che sia la qualità dell’osso piuttosto che la Bmd responsabile delle fratture. Pertanto nei pazienti diabetici la qualità dell’osso va valutata con una radiografia della colonna vertebrale lombare e dorsale e con tecniche particolari: il Trabecular Bone Score (Tbs) e più recentemente la Rems (Radiofrequency echografic Multi spectrometry)”.
Nei paesi occidentali Il Diabete mellito di tipo 2 e le malattie cardiovascolari, come precisato, rappresentano le affezioni più frequenti ed entrambe riconoscono come fattori di rischio l’infiammazione e le alterazioni del metabolismo associate all’obesità ed alle dislipidemie.
L’OSSO ENDOCRINO
“Negli ultimi anni – continua Giannattasio – si sono accumulate prove che l’osso, considerato nel passato un tessuto inerte, secerni invece ormoni che contribuiscono, fra le numerose funzioni, anche alla regolazione del metabolismo glico–lipidico. Su queste basi si è postulato che l’osso condizioni direttamente o indirettamente il Diabete mellito DI tipo 2 e le Malattie cardiovascolari attraverso la secrezione di alcuni ormoni (Osteocalcina, Lipocaina 2 e Sclerostina), tutte sostanze che hanno un’azione pro-infiammatoria. Le cellule del tessuto osseo producono inoltre il Fattore di crescita dei Fibroblasti 23 (FGF 23) che regola il metabolismo del fosfato e, attraverso la sua azione sul Sistema Renina – Angiotensina – Aldosterone, aumenta il volume extracellulare e la pressione arteriosa ed alcuni frammenti derivati dal suo catabolismo determinano anche alterata tolleranza al glucosio e dunque Pre-Diabete”.
Prezioso il ruolo della Vitamina D associata alla sua azione sull’osso, in particolare alla terapia del rachitismo e della osteomalacia tanto che essa veniva impiegata nella cura di queste malattie già all’inizio del Novecento utilizzando gli estratti di fegato di merluzzo. Successivamente si è giunti alla sua sintesi ed al suo impiego nella terapia della osteoporosi. Da alcuni decenni si discute della sua possibile azione sul muscolo, sull’apparato cardiovascolare, su quello riproduttivo e sul sistema immunitario (in particolare per le malattie reumatiche, respiratorie e oncologiche) con un ruolo antinfiammatorio. “In letteratura scientifica queste azioni sono controverse – conclude Ginnattasio – con autori che le negano ed altri che invece le ritengono possibili. In ogni caso l’impiego della Vitamina D nella pratica clinica è notevolmente aumentato ed essa è stata impiegata anche nelle fasi iniziali della pandemia da Covid-19”.
“Negli ultimi decenni si discute infine sul ruolo della Vitamina D nell’influenzare anche il metabolismo glicidico – conclude Giannattasio – poiché le cellule β del pancreas, che secernono insulina, presentano sulla loro superficie recettori per la Vitamina D. Più recentemente, un ricercatore, Pittas, ha supplementato con Vitamina D soggetti predisposti al Diabete mellito e nei successivi due anni ha evidenziato che in quelli che ricevevano Vitamina D la comparsa del diabete era meno frequente anche se tale riduzione non era statisticamente significativa”.