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Onconnection, stati generali dell’oncologia: innovazione e cure personalizzate, c’è bisogno di risorse

La rete oncologica rappresenta il miglior modello organizzativo e gestionale, non tutte le regioni però, come ad esempio le Marche, ancora non ne hanno strutturata una. Creare e mettere a regime una rete però non è un punto di arrivo poiché ogni struttura a rete deve essere accompagnato da PDTA di patologia e da un sistema territoriale di cure in grado di garantire una corretta gestione del paziente durante e dopo la fase di diagnosi e terapia.

Dagli Stati generali dell’oncologia del Sud l’appello: le reti oncologiche devono essere un punto di partenza

Napoli, 28 novembre 2022 – L’oncologia sta cambiando, è in pieno sviluppo sul piano della cura e tecnologico e questo comporta un radicale cambiamento di visione e di tipo organizzativo. Le grandi sfide che il Sud ha di fronte vanno dall’innovazione digitale a garantire in maniera duratura l’accesso alle terapie innovative, dal coinvolgimento del territorio al potenziamento delle attività di prevenzione e dei servizi di psiconcologia ospedalieri e territoriali e dei team nutrizionali, nonché il potenziamento della promozione di rapporti con i pazienti e le loro associazioni. Se n’è parlato a “ONCOnnection – Stati generali dell’Oncologia, Sud: Campania, Marche, Puglia, Sicilia” nella tavola rotonda “A che punto siamo, cosa c’è, cosa serve: tra carenza di personale, hub&Spoke e capillarità dell’assistenza”. L’evento è organizzato da Motore Sanità, con la sponsorizzazione non condizionante di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, GSK, Bristol Myers Squibb, Takeda , AstraZeneca e Daiichi-Sankyo.

In Campania la Rete oncologica campana (ROC) ha fatto passi da gigante nonostante il Covid. È partita nel 2016 con 4 Pdta e una manciata di gruppi multidisciplinari (Gom), ad oggi i cittadini campani possono contare su 37 Pdta, annualmente aggiornati e revisionati, e 343 gruppi multidisciplinari che possono, mediante la piattaforma Roc offrire ai pazienti una significativa riduzione del “burden burocratico” e la valutazione dei pazienti per arruolamento in trial clinici; sul Molecular tumor board; sulla cooperazione con le organizzazioni non-profit di pazienti.

Secondo la voce della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (FAVO)la priorità assoluta in Campania è consentire alla Rete oncologica campana di raggiungere l’obiettivo fondante: ridurre la mortalità e garantire ai cittadini campani le stesse chances di sopravvivenza e qualità della vita, adesso posseduti dalla media dei cittadini italiani” spiega Fabrizio Capuano, Delegato regionale FAVO Campania, “Esistono altre criticità di carattere “operativo-pragmatico” e culturale “di indirizzo”: per le prime le reti oncologiche, la digitalizzazione, il Pnrr, precludono a figure professionali che sicuramente non sono al momento nelle piante organiche dei nostri enti sanitari; probabilmente neanche fuori.Sono professionalità strategiche all’interno del viaggio della persona nel percorso diagnostico terapeutico assistenziale.Dove le recuperiamo e come? Come le formiamo?Di quanto tempo e quanti soldi abbiamo bisogno?Per le seconde, diffuse un po’ dovunque, ma più ostinate nel sud Italia, a nostro avviso i temi principali sono due:la capacità di “delegare”,la capacità di “comunicare”tra il soggetto superiore e quelli che si trovano ai livelli sottostanti, ma tutti stakeholders”.

Da Cittadinanzattiva Campania arriva un dato allarmante. “Ad oggi il 30% dei nuovi pazienti oncologici entra direttamente all’interno del percorso e la maggior parte sono concentrati nella città metropolitana o nei grandi agglomerati urbani. Le aree interne e disagiate non sono pienamente comprese all’interno dei percorsi di tutela. È qui che si deve concentrare maggiormente lo sforzo di tutti noi e, in particolare dei medici di medicina generale. Dei 4.000 medici di medicina generale presenti in Campania solo 500 hanno acquisito le credenziali per l’accesso alla piattaforma Roc e solo 100 di loro le utilizzano regolarmente”. Ma la Rete oncologica campana non si ferma. “La Roc è ormai una realtà consolidata e in grado di organizzare percorsi di cura che vanno dal sospetto diagnostico fino alla gestione del follow up del paziente. Un punto di orgoglio della nostra regione, impensabile fino a pochi anni fa – prosegue Lorenzo Latella -. La gestione multidisciplinare del paziente attraverso i Gom garantisce tempi di accesso ottimali e una valutazione integrata del percorso di cura da affrontare, garantendo efficacia ed efficienza del sistema, oltre che ad una effettiva presa in carico del paziente che garantisce l’organizzazione dell’intero iter. Stiamo lavorando per migliorare ancora di più il sistema individuando luoghi e tempi di accesso alle prestazioni diagnostiche e specialistiche personalizzate per ogni singolo paziente e il dialogo tra istituzioni, associazioni e direzione scientifica è costante e costruttivo”.

Dalla Sicilia ecco le risposte ai nuovi bisogni dei pazienti oncologici. La Regione Siciliana è in piena revisione della Rete oncologica, istituita per la prima volta nel 2014 ma attuata a macchia di leopardo – spiega Stefano Campo, Dirigente del servizio 4 programmazione ospedaliera di Regione Siciliana, assessorato alla Sanità -. Oggi, con la ormai consolidata Rete delle Breast Unit, costituita nel gennaio 2020, si associano quelle create per il trattamento dei tumori del colon-retto, polmone, prostata e ovaio e quelle della tiroide e mesotelioma in corso. Abbiamo realizzato e approvato percorsi diagnostici terapeutici per i tumori di mammella, colon-retto, prostata, ovaio, polmone, tiroide e mesotelioma. Abbiamo istituito il Molecular Tumor Board regionale per supportare l’assessorato nella nuova frontiera della medicina di precisione. È chiaro che c’è ancora tanto da fare: innovazione digitale, garanzia fissa e duratura dell’accesso alle terapie innovative, coinvolgimento del territorio (oggi molti pazienti oncologici, grazie alle cure innovative, diventano “cronici”), potenziamento delle attività di prevenzione, potenziamento servizi di psiconcologia ospedalieri e territoriali e dei team nutrizionali, potenziamento della promozione di rapporti con i pazienti e le loro associazioni. Queste rappresentano le nuove sfide che ci aspettano per garantire un’assistenza adeguata ai nostri pazienti oncologi”.

Massimiliano Spada, Coordinatore regionale AIOM Sicilia, ha sottolineato che l’adeguata disponibilità di professionisti sanitari è indispensabile per soddisfare i bisogni di salute della popolazione.

Secondo i dati OECD del 2020 in Italia il numero di infermieri è 6,2 ogni 1.000 abitanti contro la media europea di 8,8. In Sicilia nel 2020 il personale del servizio sanitario nazionale era di 8.844 medici e 17.221 infermieri; nel 2019 i medici di medicina generale erano 4.000 e i pediatri di libera scelta 721 contro i 3.871 e 656, rispettivamente, del 2021. “Nell’ambito del personale medico risultano carenti alcuni specialisti e i medici di medicina generale rispetto alle medie EU e non omogeneamente distribuiti sul territorio nazionale – spiega il professore Massimiliano Spada –. I provvedimenti emergenziali adottati durante la pandemia non hanno prodotto significative correzioni delle consistenze di personale infermieri/medici di medicina generale. A fronte della carenza di specialisti il numero di borse di specializzazione per il biennio 2021/22 è stato ridotto di 4.000 unità rispetto al precedente; consola il dato siciliano del 2021 con 322 borse per la formazione dei medici di medicina generale verso le 89 del 2020. Si stima, a livello nazionale, la messa in servizio di 61.760 infermieri dal 2027, tenendo conto della capacità formativa e un tasso di successo del 75%. Gli effetti dell’offerta formativa delle scuole di specializzazione saranno apprezzabili dal 2023. In assenza di aggiustamenti nella pianificazione dei fabbisogni delle risorse, senza una fattiva integrazione ospedale/territorio, in assenza del coinvolgimento delle strutture private accreditate anche i fondi del Pnrr verranno usati per costruire “contenitori” vuoti.

Se Alfredo Budillon, Direttore scientifico INT Pascale di Napoli, ha fatto una panoramica delle opportunità che la rete oncologica può dare e fare rete può garantire, nonché le difficoltà da superare, Renato Bisonni, Direttore dell’Oncologia dell’ospedale di Fermo, Coordinatore CIPOMO Marche e Co-coordinatore network associazioni di volontariato Marcangola, ha spiegato che la rete oncologica rappresenta il miglior modello organizzativo e gestionale, ma non tutte le regioni però, come ad esempio le Marche, ne hanno una strutturata. “In Regione Marche ancora non abbiamo una rete oncologica strutturata e formale, abbiamo però una rete di professionisti che si riunisce e lavora per garantire omogeneità e qualità di cure su tutto il territorio regionale”. Inoltre, Bisonni aggiunge: “Sono sempre più importanti le richieste dei pazienti oncologici e lo spiega il fenomeno dello sviluppo di sempre più associazioni, almeno una al mese”.

Oncologia: il Sud in bilico tra necessità di nuovi investimenti e sostenibilità della spesa

C’è bisogno di lavorare molto sulla prevenzione, sulla formazione delle risorse umane e sulla comunicazione, quando c’è in ballo una patologia importante come il tumore. I massimi esperti dell’Oncologia del Sud si confrontano a Napoli. L’appello delle istituzioni: “Dobbiamo riuscire a dare ascolto alle necessità degli esperti di sanità. Dobbiamo lottare per far sì che il diritto alla sanità venga sempre garantito”.

Napoli, 28 novembre 2022 – Parte dalla città di Napoli la terza tappa del progetto ONCOnnection Stati generali dell’Oncologia SUD: CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, SICILIA – organizzati da Motore Sanità, la due giorni, il 28-29 novembre 2022, interamente dedicati alle novità che ruotano attorno all’oncologia del Sud – Campania, Marche, Puglia Sicilia. L’evento è organizzato presso l’Holiday Inn, Centro Direzionale Isola E6 di Napoli, con la sponsorizzazione non condizionante di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, GSK, Bristol Myers Squibb, Takeda, AstraZeneca e Daiichi-Sankyo.

Questa è la terza tappa del grande percorso “ONCOnnection” realizzato negli ultimi due anni e che fino ad oggi ha riunito le esperienze in campo oncologico di tutte le regioni di Italia. L’obiettivo di questi due giorni è fare il punto sullo stato dell’arte dell’oncologia nel Sud e per questo sono stati chiamati i massimi esperti con il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti e delle istituzioni.  

Sul ruolo della prevenzione interviene Francesco Emilio Borrelli, Componente V Commissione Sanità e Sicurezza Sociale Consiglio Regionale Campania. “La parola prevenzione, che sembra banale e quasi scontata non lo è. Gli elementi preventivi, come uno stile di vita sano e una buona alimentazione sono davvero importanti, noi istituzioni dobbiamo lavorare anche nel portare il concetto di prevenzione su tutti gli aspetti della vita. Il lavoro di divulgazione è fondamentale per portare alla luce grandi problemi che però sono “nascosti” al grande pubblico, ne sono ignari. La politica deve capire che ascoltare il lavoro di divulgazione che viene fatto, anche nei convegni come quello di oggi, potrebbe evitare moltissimi dei problemi che invece ci troviamo ad affrontare”.

Secondo Simona Lupini, Vice Presidente IV Commissione consiliare permanente, Regione Marche, sul tema dell’oncologia va fatta una strategia, una strategia che metta insieme le risorse attuali e quelle future. “Bisogna inoltre riflettere sugli errori commessi così da imparare. Credo moltissimo nell’integrazione socio-sanitaria, è quindi importantissima una presa in carico di questo tipo che dia spazio anche al supporto psico-sociale del paziente e della famiglia che lo deve seguire e supportare”.

Ismaele La Vardera, Deputato Assemblea Regionale Siciliana, spiega: “I cosiddetti eroi del Covid, cioè tutti gli operatori sanitari utilizzati durante l’emergenza, si stanno trovando ad affrontare un vero e proprio ben-servito. Noi forze istituzionali dobbiamo riuscire a dare ascolto le necessità degli esperti di sanità. Dobbiamo lottare per far sì che il diritto alla sanità venga sempre garantito”.

Elita Schillaci, Professore Ordinario Principi di Management; Fondatore ILHM- Centro Studi Avanzati Innovazione e Leadership in Health Management ha aperto il tema dell’organizzazione e la capacità manageriale: “Nel campo oncologico abbiamo visto enormi sviluppi dal punto di vista terapeutico e diagnostico, inoltre tutto questo si è accelerato nel periodo del Covid. Inoltre in tutti gli ambiti si è sviluppata la consapevolezza dell’importanza di un approccio multidisciplinare. In questo paese tutto quello che è capacità manageriale non viene riconosciuta, ma gli aspetti organizzativi sono fondamentali”.

Sulla sostenibilità del sistema sanitario è intervenuto Roberto Bordonaro, Direttore UOC Oncologia Medica ARNAS Garibaldi, Catania, che spiega “Un sistema sanitario è tanto sostenibile tanto quanto chi governa decide che deve essere tale. È ovvio che se si continua a considerare il sistema sanitario italiano soltanto una voce di spesa è difficile continuare a richiedere ulteriori sostegni in termini di finanziamento. Io credo – spiega Bordonaro – il servizio sanitario nazionale sia un importantissimo volano di sviluppo economico, lavorativo e culturale. Ci sono dati importanti che indicano che per ogni dollaro investito in sanità c’è un ritorno di 1,4 dollari, bisogna quindi sviluppare una sempre maggiore partnership tra pubblico e privato a tutti i livelli”.

Secondo Roberto Bordonarobisogna, infine, che il sistema si organizzi per garantire l’equità di accesso alle nuove tecnologie diagnostiche innovative. “Non basterà però acquistare i macchinari, ma bisognerà garantire la formazione di tutte le risorse umane necessarie per il funzionamento di queste tecnologie. Implementare, sostenere, e diffondere progressivamente gli screening per le tre patologie principali deve essere una priorità assoluta di chi si occupa di salute pubblica. Il miglior modo di governare il costo del sistema è ridurre il numero di patologie tumorali avanzate al momento della diagnosi ma io andrei anche oltre non dimenticandoci quello che è il periodo del fine vita del paziente”.

Aumentano i bisogni dei malati oncologici. Dal Centro Sud: garantire le migliori cure e accesso ai test il più vicino possibile al domicilio del paziente

L’oncologia medica sta cambiando rapidamente, per le nuove conoscenze scientifiche che permettono nuove terapie con risultati mai visti prima. È tuttavia necessario anche un cambiamento organizzativo e tecnologico con attenzione al territorio. Gli elementi a favore del cambiamento sono sia di natura epidemiologica sia di natura più individuale, come i bisogni dei malati oncologici e gli ostacoli che si trovano ad affrontare questi malati.

Napoli, 29 novembre 2022 – Ogni giorno in Italia oltre 1.000 persone ricevono una diagnosi di tumore maligno; oltre 3 milioni e 600mila persone in Italia vivono con una pregressa diagnosi di tumore. Questa categoria è estremamente eterogenea: ci sono malati guariti, in follow up, in terapia per guarire (terapie adiuvanti o neoadiuvanti), in terapia per vivere, anche a lungo, ma non per guarire (fase metastatica della malattia). Si tratta quindi di persone con bisogni molto diversi, ma come unico punto di riferimento l’oncologia dell’ospedale. Inoltre, l’incidenza dei tumori aumenta con l’età, ma dopo i 60 anni c’è anche un aumento di copatologie (ipertensione, malattie cardiache, diabete, ecc.), con aumento di fragilità, aumento di farmaci che si assumono giornalmente.

Come può rispondere il territorio di fronte a tutto questo? Perché l’accesso ai test diagnostici, in particolare a quelli a target molecolare, è tutt’altro che equo? Se n’è parlato al convegno “ONCOnnection – Stati generali dell’Oncologia – Sud: Campania, Marche, Puglia, Sicilia”, organizzato da Motore Sanità con la sponsorizzazione non condizionante di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, GSK, Bristol Myers Squibb, Takeda, AstraZeneca e Daiichi-Sankyo.

Sui bisogni del malato oncologico e sull’oncologia di prossimità come risposta, si è espresso Luigi Cavanna,Direttore del Dipartimento di Oncologia-ematologia dell’ASL di Piacenza. I bisogni del malato oncologico si possono collocare all’interno di uno spettro molto ampio, che comprende sia necessità di alta specializzazione (Molecolar Tumor Board) sia di terapie oncologiche ben codificate, somministrabili anche in sede extra ospedaliera (domicilio, Case di Comunità) fino ad esigenze che sono di natura più sociale che sanitaria. Gli ostacoli che deve affrontare il malato oncologico sono di ordine psicologico, sociale, economico, lavorativo e anche familiare. Una componente di cui si è poco dibattuto e di cui si parla ancora molto poco in ambito sanitario è la distanza dalla sede di cura, il tempo impiegato, le spese e i disagi per il viaggio (travel burden).Anche a questa tematica si può dare una risposta con una oncologia di prossimità”.

La medicina territoriale, in un’ottica di prossimità e di assistenza domiciliare e di telemedicina è un tema cruciale in campo oncologico – ha spiegato Rossana Berardi, Presidente Associazione Women for Oncology Italy, Professore Ordinario di Oncologia Università Politecnica delle Marche e Direttore della Clinica Oncologica AOU Ospedali Riuniti di Ancona -. Su questo le Marche sicuramente hanno lavorato tanto, anche soprattutto in questo periodo di pandemia che ha messo a dura a prova tutti i sistemi sanitari ma che ha premiato la possibilità di lavorare più vicino del territorio dei pazienti, del domicilio dei pazienti”. La professoressa Rossana Berardi ha inoltre sottolineato come il PNRR possa rappresentare una opportunità importante di sostegno sia per la sanità sia per il mondo universitario, “tuttavia ci sono delle criticità legate alla parcellizzazione dei finanziamenti, al fatto che i finanziamenti sono principalmente destinati a beni, apparecchiature, a edilizia, piuttosto che a personale che possa stabilmente poi nel tempo dare continuità alle progettualità”.

Se le reti oncologiche hanno la finalità di garantire equità nell’accesso dei pazienti a cure appropriate e di qualità, è necessario altresì garantire uguali opportunità di accesso ai test diagnostici, in particolare a quelli a target molecolare.

Purtroppo in Italia, ma anche in gran parte delle nazioni europee, l’accesso ai test con target molecolari è tutt’altro che equo – ha affermato Alfredo Zito, Direttore di Anatomia patologica dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari -. Le motivazioni vanno ricondotte essenzialmente all’assenza di criteri di rimborsabilità e ad una carente organizzazione sul territorio che individui i centri di patologia molecolare dotati di idonea strumentazione, ma soprattutto di adeguate competenze. Come possiamo immaginare una rete oncologica che non ha a disposizione per tutti i pazienti i test necessari per la miglior terapia al momento possibile? Quante volte si è mandato in giro il paziente o i suoi familiari per recuperare nelle Anatomie patologiche il campione tumorale per queste indagini con notevole perdita di tempo prima di iniziare la terapia più idonea? Perché l’AIFA nel momento in cui approva un farmaco a target molecolare, non si attiva nel segnalare a chi compete che è necessario anche rimborsare il test? Occorre una revisione organizzativa che individui su tutto il territorio nazionale i centri in grado di erogare i suddetti test con criteri di appropriatezza, qualità, equità e omogeneità nelle procedure su tutto il territorio nazionale, evitando non solo la mobilità passiva dei pazienti, ma anche dei loro campioni tumorali”.

Manuela Bignami, Direttrice operativa Associazione Pazienti Loto Onlus, ha sottolineato che “È necessario garantire alle pazienti l’accesso a test che permettano di individuare le mutazioni, così da selezionare chi può beneficiare di trattamenti mirati. Anche i Molecular tumor board, team multidisciplinari che esaminano e interpretano la profilazione genomica, non sono ancora capillari in tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è garantire l’accesso a questi strumenti e la loro presenza perché è un diritto dei malati ricevere le migliori cure il più vicino possibile alla propria residenza. In questo modo si garantisce la terapia giusta al paziente giusto e la sostenibilità del sistema sanitario nazionale”.

Infine, sul ruolo del patologo molecolare è intervenuto Umberto Malapelle, Patologo, ricercatore in Anatomia patologica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. “Negli ultimi venti anni si è assistito ad una rivoluzione nella gestione e nel trattamento di pazienti affetti da neoplasia maligna in stadio avanzato e l’identificazione di un numero sempre maggiore di biomarcatori che possono fungere da bersaglio per terapie personalizzate ha aumentato significativamente il numero di paziente che riesce, oggi, a ricevere un trattamento alternativo al classico schema chemioterapia e/o radioterapia, aumentando il beneficio clinico in termini di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale al prezzo di un minor numero ed intensità degli effetti collaterali. Questa evoluzione si riflette nello sviluppo di una figura in ambito sanitario che ha il compito di creare un ponte tra il mondo del laboratorio e quello della clinica, rappresentato dal patologo molecolare”.  

Oncologia: non bisogna dimenticare la lezione del Covid per un modello di presa in carico territoriale

Una sanità più vicina al paziente oncologico: questo si sta prefissando di fare la Regione Campania con la Rete oncologica, perché attualmente esistono criticità. La volontà di garantire equità di accesso alle cure, di evitare ai pazienti oncologici “viaggi della speranza” alla ricerca del centro per effettuare gli esami e di assicurare la migliore assistenza sul territorio, è la grande sfida di questa regione.

Napoli, 29 novembre 2022 – La Missione 6 salute contiene tutti gli interventi organizzativi previsti a titolarità del MinSal suddivisi in due componenti: reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale; innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario. In ambito oncologico si affronta il tema nel corso del convegno “ONCOnnection – Stati generali dell’Oncologia – Sud: Campania, Marche, Puglia, Sicilia”, organizzato da Motore Sanità con la sponsorizzazione non condizionante di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, GSK, Bristol Myers Squibb, Takeda, AstraZeneca e Daiichi-Sankyo.

In Campania abbiamo finalmente una Rete oncologica, abbiamo grandissime professionalità in questo settore e un ospedale di rilievo nazionale che è un punto di riferimento per il nostro paese. Si sta lavorando per implementarla, ma c’è tanto da fare, lo percepisco soprattutto per il feedback che ricevo quotidianamente dai cittadini – ha spiegato Valeria Ciarambino, Componente V Commissione Sanità e Sicurezza sociale del Consiglio Regionale Campania -. La realtà è che siamo ancora lontani dal riuscire a garantire l’effettività del diritto alla salute in questo settore e in particolare siamo lontani dal garantire quella qualità percepita ai cittadini che vivono il problema della malattia oncologica e che devono sentirsi presi in carico integralmente. Su questo mi sto impegnando personalmente, soprattutto sul livello territoriale e della presa in carico. C’è una delibera che risponde ad una mia sollecitazione che la Giunta regionale campana ha emanato di recente in base alla quale un paziente che debba fare la chemioterapia in Campania, finalmente potrà fare gli esami abilitanti, poi effettuare la chemioterapia direttamente nella struttura dove effettuerà la effettuerà. Oggi invece accade che un cittadino oncologico vada in centro convenzionato per fare l’emocromo, e debba magari pagarselo di tasca propria perché si sono esauriti i fondi dei tetti di spesa”.

Mi sto battendoaggiunge Valeria Ciarambinoper l’attivazione dei reservice e dei Pac che consistono nella presa in carico globale del paziente oncologico anche dal punto di vista della specialistica ambulatoriale per quanto attiene gli esami diagnostici di follow up. Stesso disagio: il paziente oncologico è in carico dallo specialista ma poi deve recarsi dal medico di medicina generale per fare le prescrizioni e deve andare in giro per i centri pubblici e privati convenzionati a cercarsi le prestazioni diagnostiche di follow up. La mia idea è che il paziente faccia tutto il follow up all’interno della struttura in cui è stato preso in carico, questo vuol dire migliorare la qualità di vita di chi già vive la malattia tumorale”.

Altro tema le cure palliative. “Domani – e va a concludere Valeria Ciarambino – in Consiglio regionale si svolgerà una audizione in commissione sanità, su mia richiesta, per parlare della rete delle cure palliative che è un altro tema che attiene all’oncologia su cui la Campania è molto indietro. Mettendo insieme tutti questi pezzi, accanto ai pdta a cui si sta lavorando, e alla strutturazione dele rete oncologica, potremmo dire di essere in grado di prenderci cura di chi oggi vive la malattia tumorale”.

Maria Rosaria Romano, Direzione Generale per la Tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale, Regione Campania, ha sottolineato che la Regione negli ultimi anni ha fatto molto per il paziente oncologico. “La Roc, riferibile ad un modello molto innovativo che è quello del Comprehensive Cancer Network, ha una piattaforma che è altamente innovativa perché consente di prendere in carico velocemente il paziente e di accompagnarlo in tutto il processo, tutto questo in un tempo relativamente breve. Abbiamo qualche criticità legata alla carenza di case manager e ciò si ricollega al problema nazionale della carenza di personale infermieristico in generale. Anche su questo stiamo lavorando, come pure stiamo lavorando sui test genomici garantendo nel 2022 ad oggi 600 test su 700 alle pazienti affette da carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce. Abbiamo inoltre recepito il dm sul riparto dei fondi per i test di NGS, quindi cerchiamo di essere al passo con tutte le indicazioni sia nazionali che europee. Infine, la piattaforma ci consente di inserire i nostri pazienti, una volta caricati in essa, anche nelle sperimentazioni cliniche che è molto importante”.

Secondo Maurizio Di Mauro, Direttore sanitario dell’Istituto nazionale tumori IRCCS Fondazione “G. Pascale” di Napoli “l’utilizzo dei fondi PNRR è una opportunità per la sanità in genere, ed in particolar modo, della nostra Regione, per interventi fondamentalmente legati all’acquisizione di risorse, quale personale e implementazioni delle tecnologie interventistiche”. “Il Pascale – prosegue Di Mauro -, istituto di riferimento per le patologie oncologiche, ha inteso investire tali fondi proprio sull’aggiornamento tecnologico degli strumenti fondamentali per la diagnosi e terapie delle suddette patologie. Per le patologie oncologiche la diagnosi precoce è fondamentale per impostare una terapia adeguata al fine di giungere ad una prognosi fausta e ad una qualità di vita ottimale. Va considerato anche che, essendo l’Istituto Pascale un IRCCS, avere mezzi diagnostici di ultimissima generazione risulta importantissimo anche ai fini della ricerca, e l’Istituto Pascale, ad oggi, è considerato tra gli Istituti di ricerca più importanti al mondo“.

La pandemia da Covid-19 ha evidenziato la necessità di una profonda riconversione dell’offerta assistenziale sia ospedaliera che territoriale, accentuando problemi non affrontati negli ultimi decenni quali la carenza di personale, l’innovazione tecnologica, la medicina territoriale, la formazione del personale” spiega Maria Triassi, Presidente della Scuola di Medicina Ateneo Federico II, di Napoli. “L’ospedale e il territorio devono essere visti in futuro realtà profondamente integrate, superando la settorializzazione che ha caratterizzato il loro rapporto finora, realizzando il percorso del paziente, reinterpretando il modello dell’intensità di cure non a favore dell’organizzazione (ospedale appunto per intensità di cure) ma a favore dell’utente, realizzando una assistenza integrata per gradualità delle cure. Per realizzare tale obiettivo è necessario innanzitutto una analisi epidemiologica attenta e realistica dei bisogni di salute dei bacini di utenza e delle realtà locali. Il PNRR prevede ingenti investimenti (circa 8 miliardi) per le reti di prossimità, in gran parte utilizzabili per la realizzazione degli ospedali di comunità, Hub&Spoke, che dovrebbero realizzare dal punto di vista preventivo e terapeutico, lo zoccolo duro della medicina di prossimità, integrandosi con le cure domiciliari e con l’ospedale. La scommessa del futuro sarà misurabile con la effettiva realizzazione della rete preventiva ed assistenziale al servizio dell’utente”.

Secondo Maria Triassi ci sono importanti elementi di criticità che andranno monitorati: la formazione del personale, in quanto il PNRR finanzia e le strutture ma non le risorse umane e la loro formazione; l’ammodernamento tecnologico: come si valuterà l’obsolescenza di una tecnologia e come si smaltiranno le tecnologie obsolete? Da non dimenticare, infine, che la tecnologia deve essere al servizio del medico e del professionista sanitario e non sostitutiva degli stessi.

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