Giuseppe Conte continua a muoversi con la solita cautela, ma fatica sempre più vistosamente a tenere a freno l’insofferenza del Pd che vorrebbe stringere i tempi del varo del Dpcm. Conte, rivela oggi il Mattino – lavora al terzo decreto nel giro di venti giorni come se dovesse essere l’ultimo, o quasi, e pensa di convocare non prima di giovedì la riunione dei capidelegazione prima dei firmare il nuovo decreto. Anche perché, si ragiona a palazzo Chigi, una volta messe in fila chiusure e restrizioni, si scoprirà che servono altri miliardi e che occorrerà quindi convincere il ministro Gualtieri della necessità di votare un nuovo scostamento di bilancio per trovare i «ristori» da distribuire a chi sarà chiamato a chiudere o a rientrare prima a casa. Le riunioni con i presidenti di regione dovrebbero però essere finite. Anche perché ieri in Aula il capogruppo del Pd Graziano Delrio ha richiamato Conte «ad assumersi le responsabilità» e le scelte che le regioni non sono in grado di fare «per la salute dei cittadini». Dopo la riunione del Comitato tecnico scientifico e del Istituto superiore di sanità, palazzo Chigi dovrebbe essere in grado di mettere in fila i contenuti. La speranza è che i numeri continuino ad essere meno impietosi dimostrando quindi che gli effetti dei primi due Dpcm iniziano a farsi sentire.
La parola coprifuoco non piace a Conte ma «la restrizione al movimento» dovrebbe scattare alle 21 in tutta Italia, anche se Io vorrebbe alle 22 e il ministro Speranza alle 18. Ciò che invece incassano i renziani sono i ristoranti aperti la domenica, ma non i centri commerciali che dovrebbero chiudere nel weekend. Lo spostamento tra regioni verrà vietato, ma si discute se solo verso le regioni a rischio. Il M5S continua a difendere la ministra Azzolina e chiede che la didattica a distanza al 100% avvenga solo nelle zone rosse. Nessun passo indietro da parte di Conte sul regime differenziato tra regioni a seconda dei contagi. Malgrado il pressing dei governatori Conte non molla e così il ministro Boccia ha promesso ai presidenti un meccanismo altamente automatico in modo da levargli responsabilità che faticano a gestire.
LA FRENATA
Il presidente del Consiglio divide l’Italia in tre fasce, in modo da calibrare la severità delle chiusure di contenimento della pandemia sulla base dei coefficienti che registrano la gravità della situazione nei diversi territori e il divieto di uscire di casa alle 21 potrebbe essere anticipato nelle aree più a rischio.
Ma cosa dicono i numeri? Prima di tutto cambia la frequenza della valutazione della cabina di regia che, sulla base di 21 indicatori (dunque non solo l’Rt, l’indice di trasmissione) ogni settimana scriveva le pagelle di tutte le regioni. L’appuntamento era al venerdì, ora si cambia, per avere dati più aggiornati, e l’analisi verrà eseguita anche il martedì. Dunque, il nuovo Dpcm sarà applicato sulle valutazioni di oggi che stileranno i tecnici della cabina di regia formata da Ministero della Salute e Istituto superiore di sanità. Un altro elemento è offerto dai dati giornalieri che, anche ieri, hanno confermato una lieve frenata.
Come si disse a un certo punto durante il lockdown in primavera, sta diminuendo l’aumento. Che significa? Che continuano a esserci molti casi positivi, ma la crescita è meno marcata della settimana precedente. In sintesi i dati di ieri: 22.253 nuovi casi positivi su 135.731 tamponi. Prendendo come punti di riferimento il lunedì, ieri rispetto allo stesso giorno della settimana precedente c’è stato un incremento del 30 per cento; lunedì 26 ottobre rispetto lunedì 19, invece, l’aumento era stato dell’82 per cento, dunque qualcosa è cambiato anche perché questa frenata della percentuale di incremento sembra confermare una tendenza iniziata da qualche giorno anche se occorre essere prudenti. Resta alto il numero dei decessi (233), ma anche qui giova ricorda che quando vi sarà un miglioramento della situazione, quello sarà l’ultimo dato a scendere. Occupati altri 83 posti di terapia intensiva, 1.021 se si considerano tutti i reparti che ospitano pazienti Covid-19. Per fortuna si contano anche 3.637 guariti. Il nodo vero è che, anche qualora vi fosse un raffreddamento della curva dei nuovi positivi, non sarebbe abbastanza rapido per rimettere in sicurezza gli ospedali.