E’ stato soprattutto il sovraccarico delle cure ospedaliere ad aver spedito, in una sola settimana, la Campania dalla zona gialla a quella rossa facendole rapidamente scalare i tre gradini di rischio epidemico individuati dall’algoritmo messo a punto dal Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute. Se mettiamo a confronto altri parametri, rilevati in Campania nella settimana dal 25 ottobre al 1 novembre (che ha dato come responso il giallo) e dal 2 all’8 novembre (che ha fatto scattare la zona rossa) notiamo che alcuni mostrano addirittura un miglioramento. Prendiamo Rt: questo è l’indice di diffusività dell’infezione, inteso come la capacità del virus di aumentare il numero dei casi positivi in un intervallo di tempo predefinito. Questo parametro è passato da una settimana all’altra da 1,64 a 1,62, dunque è calato. Se è più basso vuol dire che il virus ha rallentato. Perché allora siamo passati dal giallo al rosso?
I RICOVERI
Va fatta una premessa: l’Istituto superiore di Sanità calcola questo valore assoluto (molto attendibile nel misurare l’andamento dell’epidemia), in base al tasso dei sintomatici. Per intenderci se ci sono molti casi ma pochi sintomatici il valore viene corretto al ribasso. Viceversa se i casi non sono molti ma molti mostrano i sintomi dell’infezione Rt viene corretto al rialzo. Rt nell’ultima settimana sarebbe stato molto più basso (intorno a 1) se calcolato in Campania sul numero dei nuovi positivi ma i sintomatici continuano ad essere tanti e e alcuni dei vecchi asintomatici mostrano i segni dell’infezione. Da qui arriva anche il sovraccarico per gli ospedali. Il virus in realtà ha già rallentato la sua corsa, probabilmente grazie alle restrizioni già in vigore (chiusura delle scuole e il freno agli spostamenti). Ma il sistema ospedaliero si era già saturato durante tutto il mese di ottobre. Come un fiume in piena che ha straripato ha bisogno di tempo, prima di scendere lungo gli argini, anche la marea dei pazienti Covid che ha invaso gli ospedali permane per un certo tempo prima di calare. La zona rossa, nel caso della Campania, arriva con un po’ di ritardo rispetto ai danni già prodotti che andrebbero invece prevenuti. Soprattutto i decessi: gli esiti infausti si osservano in media circa due settimane dopo l’impennata dei contagi.
LE PERCENTUALI
Va anche ricordato che su 100 persone positive al virus rilevate ogni giorno circa 95 in Italia non impegnano il servizio sanitario (perché asintomatiche) mentre il 5 per cento è sintomatico. Di questa quota circa lo 0,5 per cento va in rianimazione. Sul totale dei positivi in Italia circa il 2% muore per effetti diretti o indiretti del virus. Questi valori – la percentuale di malati che va in terapia intensiva e quella che finisce con un decesso – in Campania sono i più bassi d’Italia, entrambi dimezzati rispetto alla media nazionale. Un dato che potrebbe avere varie spiegazioni non ultima la capacità di cura e di risposta di un sistema sanitario. Ciò è accaduto sia durante la prima ondata, quando l’impegno e il sovraccarico è stato molto inferiore a quello nazionale, sia adesso che la Campania detiene, dopo la Lombardia, il maggior numero di contagi e di attualmente positivi. Nei giorni successivi all’8 novembre, che saranno valutati solo a valle delle due settimane di lockdown appena iniziate, la curva di crescita dei casi da esponenziale è diventata lineare (Rt attorno al valore 1). Le terapie intensive si sono stabilizzate ma la situazione resta al limite. Evidentemente la tenuta ospedaliera è l’elemento chiave per definire la sostenibilità di un determinato regime di chiusure. L’ingolfamento dei posti letto viene misurato, dal Comitato tecnico scientifico, in base a una percentuale di occupazione che per le terapie intensive non deve superare il 30 per cento dell’intera platea (anche i posti che accompagnano le cardiochirurgie, i trapianti, il centro grandi ustionati ecc.) che non sono immediatamente fruibili. Per i ricoveri di area medica conta invece la quota di posti letto occupati rispetto a quelli dedicati al Covid e non deve superare la soglia del 40 per cento. Parametri che la Campania ha ampiamente superato.