É ormai stato dimostrato dalla letteratura scientifica che la soddisfazione lavorativa sia alla base di una prestazione professionale eccellente: la persona soddisfatta sarà anche motivata e otterrà risultati lavorativi più produttivi e qualitativamente migliori.
Per questa definizione ci ha pensato anche il Concise Dictionary of Business Management, che definisce la soddisfazione lavorativa come il livello di soddisfazione che il lavoratore ricava dalle ricompense per il suo lavoro in termini intrinseci. La letteratura ha voluto inoltre evidenziare come la soddisfazione abbia non solo un significato personale ma impatti sulla performance, sull’assenteismo, sulla permanenza e ancora assunzione, produttività, autonomia, impegno organizzativo oltre che sulla soddisfazione dei clienti.
Il quadro che l’osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano ha tracciato alla fine dell’estate dimostra un’Italia del lavoro logorata nonostante le ferie: è stato constatato, infatti, che soltanto il 9% dei lavoratori italiani sta bene sul lavoro fisicamente, emotivamente e socialmente al rientro dalle ferie estive, come da loro dichiarato. In sostanza se i soggetti hanno staccato la spina durante l’estate, tuttavia non riescono a recuperare le energie in toto, anzi hanno dichiarato di stare peggio con l’inizio del nuovo anno. Anche dopo i giorni di riposo estivi, infatti, lo stesso campione ha rivelato di avere la sensazione di essere sempre di fretta, di aver avuto almeno un episodio di conflittualità sui luoghi di lavoro e di aver vissuto almeno un episodio di ansia o di malessere emotivo tale da richiedere almeno un giorno di assenza da lavoro.
Dati preoccupanti che dimostrano come la consapevolezza di un burnout dilagante sia il primo elemento per far ripartire i lavoratori con una marcia in più: la motivazione è un elemento essenziale per garantire performance di qualità oltre che la valorizzazione della persona che come afferma il teorico del management Crosby è l’investimento strategico migliore che genera profitto: costruire comitati etici in più ambiti che concentrino la propria attenzione sulla gestione dei casi di burnout e avviare un più alto numero di centri di ricerca del disagio psicofisico possono essere un ottimo punto di partenza per prevenire l’aggravamento di un fenomeno ormai senza precedenti e aggravato ulteriormente dalla pandemia da Covid-19. Questi interventi potrebbero notevolmente migliorare le condizioni del lavoro, ridurre l’assenteismo da ansia e malessere emotivo, migliorare il bilancio economico delle aziende presso cui i dipendenti prestano la loro attività ed eliminare la dispersione lavorativa per problemi di natura emotiva.
L’American Psychological Association a tal fine ha creato 3 regole d’oro da seguire:
- Lasciare la libertà ai dipendenti di decidere dove, come e quando lavorare: la flessibilità lavorativa può variare molto da azienda ad azienda. Occorre allora avere fiducia verso i lavoratori e al contempo conquistare al loro fiducia;
- Sviluppare policy per supportare la salute mentale: creare programmi che incentivino il benessere sui luoghi di lavoro per una soddisfacente vita lavorativa;
- Diversità e inclusione: circondarsi di tutti intorno alla tavola rotonda e dare la possibilità a tutti di parlare liberamente devono essere un must per un’azienda che si affida ai suoi dipendenti.
Oggi, infine, numerose aziende si stanno affidando al coaching online per promuovere il benessere dei dipendenti rientranti dalle ferie. Questo determinerebbe una maggiore consapevolezza di ripresa dei ritmi lavorativi dopo un lungo periodo di pausa, una maggiore produttività e un miglioramento delle performance e delle assenze. Tornare felici dalle ferie si può, basta solo prepararsi al gran rientro.